26.7.08

Come il sogno imperiale americano è affondato in Iraq


Il 15 febbraio 2003, cittadini comuni di tutto il mondo si riversarono nelle strade per protestare contro l’invasione dell’Iraq che George W. Bush stava preparando. Manifestazioni si svolsero in tutto il globo, sia nelle grandi città che nelle cittadine, inclusa la piccola ma vivace protesta alla stazione McMurdo in Antartide. Circa 30 milioni di persone, che avevano avuto sentore dell’imminente catastrofe, parteciparono a quella che Rebecca Solnit, questa apostola della speranza popolare, ha definito “la più grande e più estesa protesta collettiva che il mondo abbia mai visto”.


La prima superficiale valutazione della storia ha bollato questa imponente protesta planetaria come un fallimento senza precedenti, considerato che l’amministrazione Bush, meno di un mese dopo, ordinò alle truppe Usa di varcare il confine con il Kuwait verso Baghdad.



Da allora è stata in gran parte dimenticata o, ancora meglio, rimossa dalla memoria ufficiale e da quella dei media. Tuttavia una protesta popolare è qualcosa di più simile a un fiume che a una tempesta; continua a scorrere in nuove aree, portando pezzi della sua vita precedente in nuovi regni. Di rado ne conosciamo le conseguenze se non molti anni dopo, quando, se siamo fortunati, ci appare infine chiaro il percorso tortuoso che ha seguito. Parlando per i manifestanti nel maggio 2003, solo un mese dopo che le truppe Usa erano entrate nella capitale irachena, la Solnit aveva dichiarato: “Probabilmente non lo sapremo mai con certezza, ma sembra che l’amministrazione Bush abbia deciso di abbandonare la strategia di bombardamenti massicci di Baghdad nota come Shock and Awe [“Colpisci e Terrorizza” NdT], perché gli abbiamo fatto capire che i costi in termini di opinione pubblica mondiale e fermento sociale sarebbero stati troppo alti. Il nostro essere milioni potrebbe aver salvato qualche migliaio o qualche decina di migliaia di vite. Il dibattito globale sulla guerra l’ha ritardata per mesi, un tempo che forse ha permesso a molti iracheni di fare scorte, scappare, prepararsi all’offensiva”.

Qualunque sia stato il giudizio della storia su quell’inaspettato momento di protesta, una volta che la guerra è cominciata, sono sorte – principalmente nello stesso Iraq – altre forme di resistenza altrettanto inaspettate. E i loro effetti sugli obiettivi più ampi degli strateghi dell’amministrazione Bush possono essere più facilmente delineati. Guardiamola in questo modo: in un Paese grande quanto la California, ma con 26 milioni di abitanti, un’accozzaglia di ba’athisti, fondamentalisti, ex membri dell’esercito, sindacalisti, laici democratici, leader tribali locali, ed esponenti religiosi attivi politicamente – spesso letteralmente pronti ad ammazzarsi fra di loro – nondimeno sono riusciti ad ostacolare i piani dell’auto-proclamata Nuova Roma, la “superpotenza”, e lo “sceriffo globale” del pianeta Terra. E questo, anche in questa prima superficiale valutazione della storia, potrebbe in effetti dimostrarsi un evento storico.

Il Nuovo Secolo Americano è andato disperso



È difficile oggi anche solo ricordare la visione originaria di George W. Bush e dei suoi alti funzionari su come la conquista dell’Iraq si sarebbe rivelata come un altro tassello della sua Guerra Globale al Terrore. Dal loro punto di vista, l’invasione avrebbe portato certamente a una rapida vittoria, seguita dalla creazione di uno stato vassallo che avrebbe ospitato basi militari Usa “permanenti” di importanza cruciale, dalle quali Washington avrebbe potuto diffondere il proprio potere da un capo all’altro di quello che amavano definire il “Grande Medio Oriente”.

Inoltre, l’Iraq sarebbe diventato velocemente un paradiso del libero mercato, zeppo di petrolio privatizzato che affluiva tassi record sui mercati mondiali. Come tessere di un domino, la Siria e l’Iran, intimoriti da una tale prova di forza americana, avrebbero fatto lo stesso, o grazie a un’ulteriore spinta militare, o perché i loro regimi – e quelli di altri 60 paesi nel mondo – avrebbero compreso l’inutilità di resistere alle pretese di Washington. Alla fine, il “momento unipolare” dell’egemonia globale degli Usa, iniziato a seguito del collasso dell’Unione Sovietica, si sarebbe dilatato in un “Nuovo Secolo Americano” (insieme con una Pax Republicana generazionale in patria).


Questa prospettiva naturalmente è oggi sorpassata, in gran parte grazie all’inattesa e tenace resistenza di ogni tipo all'interno dell'Iraq. Questa resistenza era composta non solo dall’insorgenza sunnita della prima ora, che aveva bloccato quella che Donald Rumsfeld orgogliosamente aveva definito “la più grande forza militare sulla faccia della Terra”. Non è troppo avventato affermare che, a tutti i livelli della società, normalmente a prezzo di grandi sacrifici, il popolo iracheno ha vanificato i progetti imperiali di una superpotenza.



Prendiamo, per esempio, la miriade di modi attraverso cui i sunniti hanno resistito all’occupazione del loro Paese praticamente dal primo momento in cui l’intenzione dell’amministrazione Bush di smantellare completamente il regime ba’athista di Saddam Hussein è divenuta chiara. La città a maggioranza sunnita di Falluja, come la maggior parte delle altre comunità in tutto il Paese, formarono spontaneamente un nuovo governo basato sulle strutture locali religiose e tribali. Come molte di queste città, era scampata ai saccheggi successivi all’invasione incoraggiando la creazione di milizie locali con funzioni di polizia per difendere la comunità. Ironicamente, l’orgia dei saccheggi avvenuti a Baghdad è stata, almeno in parte, una conseguenza della presenza militare Usa, che ha ritardato la creazione di tali milizie lì. Alla fine, comunque, le milizie confessionali avevano portato un po’ di ordine persino a Baghdad.

A Falluja, così come altrove, queste stesse milizie presto divennero strumenti efficaci per ridurre e – per un certo periodo – eliminare, la presenza delle forze armate Usa. Per buona parte dell’anno, trovandosi a fronteggiare gli IED [ordigni esplosivi improvvisati] e le imboscate degli insorti, l’esercito Usa dichiarò Falluja zona interdetta, si ritirò in basi all’esterno della città, e interruppe le violente incursioni nei quartieri ostili. Questa ritirata avvenne anche in altri città grandi e piccole. L’assenza di pattuglie delle forze d’occupazione risparmiò a decine di migliaia di “sospetti insorti” la violenza spesso letale che accompagna l’invasione del proprio Paese, e ai loro parenti case distrutte e familiari imprigionati.


Persino la più riuscita delle avventure delle forze armate Usa in quel periodo, ovvero la seconda battaglia di Falluja, nel novembre 2004, potrebbe anche essere interpretata, da un punto di vista del tutto diverso, come un successo della resistenza. Dal momento che gli Stati Uniti dovettero ammassare per l’offensiva una notevole porzione delle proprie brigate da combattimento (persino trasferendo truppe britanniche dal sud per compiti logistici), la maggior parte delle altre città furono lasciate in pace. Molte di queste città sfruttarono questo momento di tregua per instaurare, o consolidare, varie forme di governi autonomi e milizie di difesa, rendendo tanto più difficile per le truppe di occupazione controllarle.


La stessa Falluja fu distrutta, con il 70% dei suoi edifici ridotti in macerie, e decine di migliaia di residenti divenuti profughi – un sacrificio estremo che ebbe come inaspettata conseguenza il temporaneo alleggerimento della pressione sulle altre città irachene. Infatti, la ferocia della resistenza nelle aree a maggioranza sunnita dell’Iraq costrinsero le forza armate americane ad aspettare quasi quattro anni prima di tentare uno sforzo paragonabile a quello del 2004 per pacificare la ben organizzata resistenza sadrista nelle aree a maggioranza sciita del Paese.



La rivolta dei lavoratori dell’industria petrolifera

Spostandoci su un terreno di scontro totalmente diverso, pensiamo ai sogni dell’amministrazione Bush di legare la produzione petrolifera irachena alle proprie ambizioni in politica estera. Gli obbiettivi immediati, dal punto di vista degli strateghi americani, erano quelli di raddoppiare la produzione rispetto ai livelli precedenti la guerra e dare inizio al processo di trasferimento del controllo della produzione dallo Stato alle compagnie petrolifere straniere. Tre importanti piani energetici finalizzati a soddisfare questi obbiettivi sono stati finora vanificati dalla resistenza di quasi ogni segmento della società irachena. I lavoratori petroliferi iracheni, dotati di una buona organizzazione, hanno giocato un ruolo determinante in questo, utilizzando la loro capacità di bloccare di fatto la produzione al fine di impedire il trasferimento – solo pochi mesi dopo che gli Usa avevano rovesciato il regime di Saddam Hussein – delle attività dello scalo petrolifero di Bassora alla KBR, allora una controllata della Halliburton.

Questa e altre azioni di disobbedienza respinsero l’iniziale attacco al sistema di produzione petrolifero iracheno controllato dal governo. Tali atti posero inoltre le basi per i tentativi riusciti di impedire che venissero attuate le politiche petrolifere ideate a Washington, che intendevano trasferire il controllo delle prospezioni e della produzione alle compagnie straniere. In questi tentativi, ai lavoratori dell’industria petrolifera sono stati affiancati dai gruppi della resistenza, sia sunniti che sciiti, dalle amministrazioni locali, e alla fine anche dal nuovo Parlamento nazionale.

Lo stesso tipo di resistenza si estese anche all’intero elenco di riforme neoliberiste sponsorizzate dalla Autorità provvisoria della Coalizione (CPA), sotto il controllo degli Usa. Dall’inizio dell’occupazione, per esempio, ci furono proteste contro la disoccupazione di massa causata dallo smantellamento dello Stato ba’athista e contro la chiusura delle fabbriche statali. La gran parte della resistenza armata nacque come risposta alla violenta repressione di queste proteste nel periodo iniziale dell'occupazione.

Ancora più significativi furono gli sforzi fatti a livello locale per rimettere a posto i servizi governativi che non erano più forniti dalla CPA. Gli stessi governi locali quasi autonomi, che avevano incoraggiato la creazione di milizie armate, tentarono di mantenere in piedi o di sostituire i programmi di assistenza sociale di tipo ba’athista, spesso rubando il petrolio destinato alle esportazioni e rivendendolo al mercato nero per pagare i servizi, e accaparrarsi le risorse locali come la produzione di elettricità. Il risultato sarebbe stato la creazione di vere e proprie città-stato ovunque le truppe Usa non erano presenti, portando all’impossibilità da parte dell’occupazione di “pacificare” qualsiasi porzione rilevante del Paese.

Il movimento sadrista e l’Esercito del Mahdi dell'esponente religioso Muqtada al Sadr è stato probabilmente quello che ha ottenuto più successi – e che si è opposto maggiormente all’occupazione – tra i partiti politici sciiti dotati di milizie, e che ha tentato sistematicamente di sviluppare delle istituzioni parastatali. Esse hanno provato a venire incontro, anche se in maniera minimale, ad alcuni dei bisogni primari delle loro comunità, fornendo cibo, alloggi, e facendo da punto di riferimento per una serie di altri servizi che in un primo tempo erano stati assicurati dal governo ba’athista, ma sconfessati poi dagli occupanti statunitensi e dal governo iracheno che gli Stati Uniti avevano installato quando avevano “trasferito” la sovranità nel giugno 2004.

Gli occupanti americani si aspettavano che i loro progetti per una rapida privatizzazione e trasformazione dell’economia statalista avrebbero in effetti generato resistenza, ma essi erano convinti che questa sarebbe diminuita rapidamente una volta che la nuova economia avesse ingranato. Al contrario, mentre l’occupazione procedeva stancamente, le richieste di un cambiamento crebbero di intensità, mentre il Paese, nel caos e prossimo al collasso, divenne una prova lampante del fallimento delle politiche del “libero mercato” dell’amministrazione Bush.

Un’agenda irachena per il ritiro

I funzionari che gestivano l’occupazione si sono scontrati con le stesse problematiche in ambito politico. L'obiettivo originario dell’amministrazione Bush era quello di creare un governo stabile e filo-Usa, spogliato di qualsiasi controllo economico e politico sulla società irachena, ma che fosse un bastione di resistenza contro la potenza regionale iraniana. Tale visione, come gli aspetti economici e militari ad essa correlati, è scomparsa da lungo tempo sotto il peso della resistenza irachena.

Prendiamo, per esempio, le due elezioni irachene che tanta risonanza hanno avuto, e sono state celebrate dai media americani dominanti come un risultato eccezionale dell’amministrazione Bush nell’altrimenti perennemente autocratico Medio Oriente. All’interno dell’Iraq, comunque, esse hanno avuto tutt’altro aspetto. E' importante ricordare che gli Stati Uniti inizialmente avevano pianificato di mantenere un controllo diretto – attraverso l’Autorità provvisoria della Coalizione – fino a quando il Paese non fosse stato completamente pacificato e le riforme economiche non fossero state portate a termine. Quando la CPA divenne un simbolo odiato di un’occupazione indesiderata, i piani cambiarono e si pensò di installare un governo iracheno nominato, sulla base di riunioni delle varie comunità a cui però avrebbero potuto accedere solo coloro che erano favorevoli all’occupazione. Le elezioni generali sarebbero state posticipate fino al momento in cui non fossero stati garantiti vincitori completamente allineati ai piani di Bush. L’esplodere di proteste nelle aree a maggioranza sciita del Paese, proteste guidate dal Grande Ayatollah Ali al Sistani, costrinsero gli amministratori della CPA a passare a una strategia basata su elezioni dirette.



Le prime elezioni nel gennaio 2005 sancirono la vittoria di una consistente maggioranza parlamentare eletta su una piattaforma politica che chiedeva un calendario rigoroso per un completo ritiro delle forze armate Usa dal Paese. I rappresentanti americani decisero allora di fare pressione sul neo-eletto governo perché abbandonasse questa posizione.

Le seconde elezioni parlamentari nel dicembre 2005 ebbero uno svolgimento simile. Questa volta, i negoziati dietro le quinte riscossero solo un risultato parziale. Il neo-Primo Ministro, Nuri al Maliki, venne meno alle promesse fatte in campagna elettorale, appoggiando pubblicamente la continuazione della presenza militare americana, e questo causò delle crepe profonde nella coalizione di governo. Dopo un anno di negoziati poco produttivi, i 30 deputati sadristi presenti in parlamento, in origine un pezzo fondamentale della coalizione al potere guidata da Maliki, abbandonarono sia la coalizione che il governo in segno di protesta verso il rifiuto del Primo Ministro di fissare una data per la fine dell’occupazione. Successive richieste da parte del Parlamento che chiedevano una data certa per il ritiro furono ignorate tanto dal governo quanto dai funzionari statunitensi. Mentre Maliki rimase al suo posto senza una maggioranza parlamentare, la controversia contribuì a incrementare la popolarità dei sadristi e a diminuire l’appoggio verso gli altri partiti sciiti di governo.

Arrivati agli inizi del 2008, con l’approssimarsi delle elezioni provinciali a novembre, c’erano pochi dubbi che i sadristi sarebbero andati rapidamente al potere in molte province a maggioranza sciita, e, cosa più importante, a Bassora, la seconda città irachena e polo petrolifero del sud del Paese.
Per scongiurare questa debacle, le truppe governative irachene, appoggiate e consigliate dalle forza armate Usa, tentarono di cacciare i sadristi dalla zone principali di Bassora.

L’uso della forza militare per evitare una sconfitta elettorale ha rappresentato solo uno dei molti segnali che il governo iracheno avvertiva la pressione dell’opinione pubblica. Un altro è stato la riluttanza da parte del Primo Ministro Maliki a mantenere un atteggiamento ostile nei confronti dell'Iran. Malgrado i ferventi sforzi dell’amministrazione Bush, il suo governo ha promosso rapporti sociali, religiosi, ed economici tra gli iracheni e gli iraniani. Fra questi c'erano la facilitazione delle visite alle città sante di Karbala e Najaf per migliaia di pellegrini sciiti iraniani, così come il sostegno ad ampie transazioni petrolifere tra Bassora e le imprese iraniane, compresi i servizi di distribuzione e raffinazione, anticipando l’integrazione delle due economie energetiche. Le autorità Usa hanno posto il veto su un accordo militare formale fra i due Paesi, ma questo non ha fatto fare marcia indietro ai legami di cooperazione.

Il fiume della Resistenza

Con il procedere dell’occupazione, l’amministrazione Bush si è trovata a dover fronteggiare un’ondata di resistenza la cui intensità era inimmaginabile in precedenza, oltre ad essere sempre più lontana dagli obiettivi che si era prefissata. Oggi, città grandi e piccole in tutto il Paese sono generalmente sotto l’influenza delle milizie sciite e sunnite che, anche quando addestrate e pagate dagli occupanti, restano fortemente ostili alla presenza Usa. Inoltre, sebbene la disastrata economia irachena sia stata formalmente privatizzata, queste milizie locali – e i leader politici con cui si relazionano – continuano a chiedere a gran voce un ampio programma di ricostruzione e sviluppo economico finanziato dal governo.

La leadership politica formale irachena, rinchiusa nella blindatissima Green Zone di Baghdad controllata dagli Usa, pubblicamente è tuttora accondiscendente di fronte ai piani dell’amministrazione Bush di trasformare l’Iraq in un avamposto in Medio Oriente – che comporterebbero anche la presenza stabile di soldati americani in una serie di mega-basi nel cuore del Paese. Il resto della burocrazia governativa e il grosso della società civile sono sempre più insistenti nel chiedere una data ravvicinata per la partenza degli americani e una generale inversione delle politiche economiche introdotte per la prima volta con l’occupazione.



A Washington, tanto per i Democratici quanto per i Repubblicani, l’idea dell’avamposto resta al centro dell’agenda politica per l’Iraq in quest’anno di elezioni, insieme con un’economia neoliberista, che vede un settore petrolifero modernizzato in cui le multinazionali possano utilizzare le tecnologie più all'avanguardia per massimizzare la produzione di petrolio del Paese che al momento ristagna.

La resistenza irachena, di tutti i tipi e a tutti i livelli, ha comunque impedito che questa visione si concretizzasse. Grazie agli iracheni, la pomposa definizione di Guerra Globale al Terrore è stata trasformata in una guerra reale e senza speranza di cui non si scorge la fine.



Gli iracheni hanno però pagato un prezzo terribile per il fatto di aver resistito. L’invasione e le politiche economiche e sociali che l’hanno accompagnata hanno distrutto l’Iraq, lasciando la sua gente sostanzialmente in una situazione di indigenza. Durante i primi cinque anni di questa guerra senza fine, gli iracheni hanno sofferto più per la loro scelta di resistere che se avessero accettato e sopportato il predominio militare ed economico americano. Coscienti o meno che fossero, essi si sono sacrificati per arrestare l’avanzata militare ed economica di Washington nel Medio Oriente ricco di petrolio, sulla strada verso un nuovo Secolo Americano che ora non ci sarà mai.

È arrivato il momento che il resto del mondo si sobbarchi almeno una piccola parte del peso della resistenza. Proprio come le proteste mondiali che hanno preceduto la guerra sono state tra le fondamenta della resistenza irachena che era lì da venire, allo stesso modo ora altri, in particolar modo gli americani, dovrebbero opporsi proprio all’idea che l’Iraq possa mai trasformarsi nel quartier generale di una presenza permanente degli Stati Uniti - una presenza che, secondo le parole di colui che scrive i discorsi di Bush, David Frum, “darebbe all’America un controllo così totale della regione da superare quello di qualsiasi altra potenza dal tempo degli Ottomani, o forse persino dei Romani”. Dopotutto, a differenza degli iracheni, i cittadini degli Stati Uniti sono in una posizione unica per seppellire per sempre questo sogno imperiale.



* Questo saggio è stato adattato dal capitolo conclusivo del libro di Michael Schwartz War Without End: The Iraq Debacle in Context, che sarà pubblicato prossimamente.


Michael Schwartz, Professore di Sociologia presso la Stony Brook University, ha scritto molto sulla protesta popolare e l’insorgenza. Le sue analisi sull’avventura americana in Iraq sono apparse regolarmente su Tomdispatch.com, così come su Asia Times, Mother Jones, e Contexts. Il suo prossimo libro scritto per Tomdispatch, War Without End: The Iraq Debacle in Context (Haymarket), analizza come la geopolitica militarizzata del petrolio ha portato gli Usa a smantellare lo Stato e l’economia iracheni alimentando una guerra civile a carattere confessionale.



(Traduzione di Palmiro Notizia per Osservatorio Iraq)


23.7.08

La fabbrica degli imbecilli




Il titolo non è un remake del detto: "La mamma degli imbecilli è sempre incinta".
Avendo comunque usato un termine così crudo, una premessa è doverosa.
Nessuno deve sentire come indirizzato a sé il contenuto dell'articolo, non è a questo scopo per cui lo scrivo e dare dell'imbecille a qualcuno è l'ultima delle mie intenzioni.
Una delle definizioni del termine della lingua italiana imbecille viene normalmente usata come insulto, dicasi di persona ritenuta poco intelligente, o che fa cose stupide.
Quella a cui mi riferisco è in realtà un tentativo di tradurre una definizione particolare del termine della lingua inglese “dupe” difficilmente riscontrabile nei dizionari, che oltre a significare babbeo, gonzo, sempliciotto, stupido e appunto imbecille, ha un preciso significato che nientemeno è un prerequisito per la costituzione di un nuovo ordine mondiale, con tanto di cultura globale piatta piatta, livellata, unificata.


Il Dupe
La definizione è spesso omessa nei dizionari, ma molto frequentemente usata colloquialmente, e mai in comunicati scritti, negli ambienti delle PR, del Marketing e della Propaganda. E' un termine per gli addetti ai lavori nato prima negli Stati Uniti e poi diffuso a livello internazionale a seguito della globalizzazione in atto sul pianeta.

Dupe: Un individuo che stato fatto diventare fautore di insiemi di concetti prefabbricati, consapevolmente quando il dupe agisce per vantaggio personale, oppure senza che ne sia consapevole, acquisendo la sua fiducia cieca e approvazione incondizionata con artifici e menzogne credibili o spin*, o con l'aiuto di prove indotte, generalmente false o per lo meno ambigue e contorte.


*Spin: una particolare interpretazione di fatti o eventi, non necessariamente veritiera (come quelle usate dai politici per influenzare “l’opinione pubblica”)



Spin doctor:
una persona delle pubbliche relazioni che cerca di contrastare pubblicità sfavorevole fornendo una interpretazione favorevole di parole o azioni di una società, di un politico o di una persona famosa. Gli argomenti promossi a difesa possono essere anche completamente falsi.
Il dupe è uno strumento necessario per la diffusione di una linea ideologica, di mercato o politica, oltre che per creare un pubblico favorevole per il raggiungimento di fini specifici.
Il dupe o imbecille, nel gergo di quegli ambienti, è un ruolo, una parte in cui vengono fatte entrare delle persone adattabili, in maniera consapevole o meno, al fine di promuovere prodotti, servizi, stili di vita, culture sintetiche per creare una società sintetica costituita da individui con una personalità altrettanto sintetica.


Abbiamo a che fare con due tipi di dupe.
Uno è il dupe consapevole, ovvero la persona che sa che gli stanno raccontando una storia e che può trarre del profitto diffondendola al vasto pubblico.
L'altro è il dupe inconsapevole, quello più genuino, perché non c'è nessuna predeterminazione nel suo operato, ma crede veramente alla storia che gli raccontano e con ingenuità infantile cerca di trasmetterla ad altri con la passione di chi ha un proprio credo per cui fare proseliti e da difendere strenuamente.
Questo tipo di dupe è quello preferito dai padroni del mondo perché non costa assolutamente nulla e la sua opera non termina mai, a meno che la sua mente non venga prima liberata dalle false credenze indotte. Diversamente il dupe genuino nemmeno si porrà la domanda se quello che sostiene con fervente ardore sia vero o falso. Non è un infiltrato, ma dati disinformanti agiscono da infiltrati nella sua mente.


L'altro dupe invece è costoso, in quanto è specializzato, ha anche qualcosa della talpa, dell'infiltrato, sa cosa deve dire e fare, e cosa non dire e non fare, ma è altrettanto necessario soprattutto nelle emergenze, quando c'è da rafforzare una tesi che sta traballando a causa di verità o consapevolezze emergenti che potrebbero ledere interessi che si stanno proteggendo.
Per esempio, diventa sempre più noto che una dieta a base principalmente di frutta e verdura, come la dieta senza muco, con esclusione di prodotti animali, migliora la salute. Il consumo di tali prodotti diminuisce e questo compromette il mercato, sempre per esempio, dei prodotti caseari.
Qualcuno dello staff di un fantomatico ufficio che si occupa di osservare le statistiche dei consumi avverte l'ufficio marketing dell'industria interessata che le statistiche dei latticini sono in crescente calo da tre settimane. Lo staff dell'ufficio del marketing avverte l'ufficio del PR e lo informa della situazione. L'omino delle PR chiama il dirigente dell'agenzia che ha la concessione per la pubblicità sui media, lo informa del problema e gli dice, telefonicamente: “Activate a dupe!” o se la situazione è davvero critica: “Activate all the dupes”.

Nel primo caso, che potrebbe essere tradotto in questo modo:”Metti in moto un imbecille”, in italiano non suona molto bene, ma nell'ambiente della propaganda è quasi un termine tecnico, l'agenzia di pubblicità contatta la redazione di una TV, prenota uno spazio per inserire qualcosa tipo la “Risposta dell'esperto” per mettere in onda lo spin* appropriato. Il responsabile della rubrica “Salute & Benessere” chiama un'ipotetica associazione dei dietologi o dietisti (qual è poi la differenza?) chiedendo di mandare un esperto (il termine dupe scompare a un certo punto della linea) che possa confutare teorie strambe in circolazione, che stanno disturbando il corretto andamento del mercato. Al prescelto, il dupe di turno, vengono forniti tutti i dati e quando si presenta in televisione alla domanda “Cosa pensa della dieta senza muco?”, risponderà, creando allarmismo, che una dieta principalmente a base di frutta contiene fruttosio in eccesso e questo può portare all'insorgenza del diabete e in più, senza un adeguato consumo di latticini, in breve tempo la carenza di calcio che si produrrebbe escludendo i prodotti caseari dalla proria dieta alimentare farebbe insorgere l'osteoporosi.



Suona molto bene vero? E fa senso a leggerlo e ancor di più a sentirlo uscire dalla bocca di un Dott. Prof. Ecc. in camice bianco. Ed è assolutamente falso, anche se sono sicuro che uno scienziato sarebbe capace di fare venire il diabete a un ratto nutrendolo con fruttosio sintetico per via endovenosa per un mese e dire al cliente: ”Ecco il risultato che mi ha chiesto di produrre: ”Troppo fruttosio fa venire il diabete”. E qualcosa di simile l'hanno pure fatto.
Il comunicato può anche variare, dipende da chi paga, l'industria latteo casearia, piuttosto che quella della carne o della pasta, ma lo scopo è fornire, a seguito di ogni contestazione dei loro prodotti, prove contrarie provenienti da ricerche pilotate ad hoc.


Una volta sentito il comunicato dalla TV, il dupe genuino, spontaneo, sicuro che tutto ciò che esce dalla bocca di un'Autorità o Esperto sia la sacrosanta verità, andrà in giro per tutto il web scrivendo su blogs e forums o rovinerà la pausa caffè ai colleghi informandoli con entusiasmo di non mangiare assolutamente frutta perché troppo fruttosio fa venire il diabete e di mangiare anche il gorgonzola a colazione assieme alla brioche e il cappuccino altrimenti ti viene l'osteoporosi, lo ha detto ieri sera la televisione!
In una situazione considerata più grave potrebbero venire attivati dupes su più fronti per rafforzare la tesi contraria a quella sostenuta da terzi, e nella condizione attuale in cui si trova la società vince la tesi o parte che ha più fonti da fornire. Che poi dicano cose assolutamente false è completamente irrilevante, quello che conta è l'impatto numerico.


Ci sono anche dei dupes eccellenti, a capo di associazioni note per essere fonti di disinformazione che diventano essi stessi vittime delle bugie che diffondono, come il presidente dell’AMA (American Medical Association), Ron Davis a cui è stato diagnosticato il cancro al pancreas e, coerentemente con la linea promossa dall'associazione di cui è presidente, si sottoporrà alla chemioterapia, negando a se stesso ogni ulteriore possibilità di salvezza. Questo è il comunicato ufficiale diffuso dall’AMA:
AMA president diagnosed with serious form of cancer


Potere e profitto in una civiltà sintetica
Ci si potrebbe domandare perché esistano persone impegnate nell'ingannare i loro simili fino a questo punto. (In effetti non li considerano loro simili, considerando se stessi un'élite). La ragione ha a che fare con il controllo deviato per il profitto indiscriminato.
I dupes sono lo strumento dei signori del mondo per controllare la popolazione mondiale. E’ un controllo aberrato che viene perpetrato con l'ausilio della menzogna. Riempire la mente di dati falsi rende le persone incapaci di valutare. Ogni cosa che ascolti o leggi nei vari media viene riportata in modo falso, non obbiettivo.


Miriadi di teorie scientifiche sono false o inconcludenti. La scienza medica eccelle in questo, la scienza dell’alimentazione, ammesso che esista una tale scienza, arriva seconda.
La pubblicità è assolutamente menzognera e per quanto possa essere irrilevante quando dice che un detersivo lava più bianco di un altro, quando invece afferma che un prodotto alimentare lavorato industrialmente, biologicamente morto o morente, con conservanti e altri additivi aggiunti, protegge il sistema immunitario, inganna illudendo le persone riguardo alla loro salute.
Tutta questa civiltà è falsa, non c’è un settore libero dalla menzogna, se non piccole nicchie ignorate dai media o persino oscurate, ogni cosa è stata alterata per farla diventare un mondo di favole in cui individui privi di certezze reali vivono una vita falsa.


Quando un essere è consapevole della propria essenza spirituale vede le cose e il mondo come sono veramente ed è impossibile ingannarlo, ed è questa la ragione per cui i signori del mondo intendono ridurlo al pari di uno zombie
Il modo di farlo è quello di privare gli individui dei principi etici e della consapevolezza della loro vera essenza spirituale sostituendoli gradualmente con i principi del più solido materialismo.

Le notizie, anzi le cattive notizie, diffuse dai telegiornali vengono messe in onda solo per instaurare una stato di malessere nella società, il dovere di cronaca è in realtà un servizio a pagamento e che è suscettibile agli interessi in gioco.

Per esempio si parla pochissimo della violazione dei diritti umani da parte del governo cinese, per timore dei politici di irritarlo e che senza la Cina non potremo più trovare nemmeno un cacciavite in ferramenta. Viene invece steso il tappeto rosso alle Olimpiadi. Gli interessi coinvolti nelle Olimpiadi, rendono molto più redditizio parlarne. I diritti umani non pagano ed è politicamente corretto farne solo qualche piccolo accenno scaglionato nel tempo, per dire all'occorrenza: "Ne abbiamo sempre parlato, il governo ci tiene particolarmente al rispetto dei diritti umani".


Le varie rubriche scientifiche servono per iniettare continuamente nella società il siero della disinformazione, proponendo cure farmacologiche per malattie che sono il risultato di stili di vita proposti dagli stessi media. Sono molto ben studiati questi programmi perché le affermazioni degli “esperti” sembrano avere molto buon senso. Alla domanda che viene fatta dal conduttore seguendo un copione già scritto, tipo: ”Lei cosa consiglierebbe per combattere questa malattia?”, l'esperto, seguendo anch'egli fedelmente il suo copione che ormai conosce a memoria, risponde: ”Innanzitutto consigliamo una dieta alimentare sana, esercizio fisico, e uno stile di vita sereno che riduca lo stress. Tuttavia se nonostante questo la malattia persistesse, è assolutamente necessario il ricorso alla cura farmacologica o all'intervento chirurgico.” A volte sia il conduttore che l'esperto sanno che le diete proposte dalla medicina ortodossa non omettono quei cibi che producono la malattia, che i pazienti faranno esercizio per una settimana e poi rimpiomberanno sul divano davanti alla TV, e che uno stile di vita che non produca stress difficilmente verrà adottato, e avranno ottenuto l'obbiettivo del loro sponsor. E avranno anche fatto con chi li ascolta la bella figura di non aver sbattuto subito in faccia il flacone delle medicine o la prospettiva del letto operatorio.



I vari programmi che forniscono risposte date da psicologi e psichiatri ai problemi dell’essere umano servono a fornire cure psichiatriche (una cura psichiatrica non significa altro che prescrizione di psicofarmaci) che affondano ancora di più chi vi si sottopone e a trasformare ogni forma di aberrazione in diversità, quindi non più da risolvere ma da considerare come parte del comportamento socialmente accettabile, con conseguente deterioramento sociale.
I programmi demenziali servono a far ridere il pubblico portandolo a un livello culturale così basso mai raggiunto fino ad ora e a distrarre l’attenzione necessaria per risolvere i problemi che inevitabilmente, in questa era, affliggono ogni essere umano, problemi derivanti da stili di vita deleteri creati ad hoc dai signori del mondo.
La pubblicità promuove prodotti industrialmente lavorati dannosi per la salute anche secondo la medicina ufficiale, spacciandoli addirittura per salutari. Le autorità sanitarie approvano la messa in commercio di tali prodotti e poi rimproverano le mamme perché danno le merendine confezionate ai bambini, le stesse da loro precedentemente approvate.


Le manifestazioni sponsorizzate dalle multinazionali della birra hanno lo scopo di convertire e consolidare gli adolescenti all'alcolismo.
I programmi per bambini servono per promuovere prodotti confezionati che sono un insulto alla loro salute, associati a giochini inseriti nelle confezioni, per far sì che poi facciano pressione sui loro genitori perché li acquistino.
Alcuni direttori dei telegiornali, dupes consapevoli, ma spesso anche inconsapevoli perché essi stessi non riescono a sottrarsi agli effetti della disinformazione da loro promossa, hanno la loro scaletta di comunicati degli inserzionisti mascherati fra le notizie, sotto forma di consigli, come quelli di vaccinarsi per l’influenza, di proteggersi dal sole con creme e occhiali che filtrano i raggi UVA, di bere latte come fonte di calcio, ecc.

Il mondo della politica, e questo riguarda i governi di tutti i paesi del mondo, non è certo carente di dupes, sono quei politici lobbisti che promuovono leggi favorevoli ai bisogni delle multinazionali che probabilmente li hanno messi lì finanziando la loro campagna elettorale, o li hanno agganciati dopo la loro elezione. La presentazione di leggi e la loro approvazione, per la prescrizione di metilfenidato ai bambini, commercializzato come Ritalin, per il trattamento di una malattia inventata come l'ADHD, non può che essere fatta da quei ministri, dupes eccellenti che favoriscono le case farmaceutiche.



Quei medici che hanno promosso farmaci di una specifica marca dietro compenso, a volte mascherato sotto forma di regali da parte delle case farmaceutiche come computer, televisori al plasma, soggiorni in paesi esotici, ecc, come riportato dalla stampa in diverse occasioni, sono dupes di quelle multinazionali.
La lista potrebbe essere molto lunga, dovrei scrivere un libro per elencare tutte le menzogne note, mancherebbero comunque quelle ancora non scoperte, è solo uno spunto per invitarti a ricercarne tu stesso.


I dupes del mondo spirituale
L'uomo è composto, per così dire, di spirito mente e corpo, e lo spirito è l'elemento fondamentale.
Quando si è consapevoli, dicendo "IO" ci si riferisce allo spirito, perché si è lo spirito, non si ha uno spirito, quando si è identificati nel corpo si pensa di esserlo e ci si riferisce allo spirito come al mio spirito o alla mia anima, ed è un errore in quanto, rimarcando, non si ha uno spirito, ma lo si è.
La globalizzazione, che in se non sarebbe una cosa negativa, se non fosse che è appannaggio arrogato di un sistema economico senza scrupoli, ha assorbito anche la New Age. Per New Age s'intendono stili di vita, filosofie, religioni, terapie ecc. di un mondo nuovo, spiritualmente evoluto, oltre a un settore di mercato che ha a che fare con la vendita di beni e servizi "alternativi" connessi alla visione magica ed olistica del mondo. Questo sarebbe un reale progresso, in quanto mettere a disposizione servizi e beni intesi al miglioramento dell'essere umano dal punto di vista olistico è solo desiderabile. Ma...

Il mondo economico invece di combattere i movimenti che possono creargli fastidi, semplicemente li ingloba nel suo sistema traendone anche del profitto. Negli anni sessanta, sorse il movimento hippy, e gli appartenenti abbandonarono anche il vestire convenzionale, e iniziarono a indossare abiti coloriti e apparentemente stonati rispetto alla moda in voga in quel momento. Dopo che furono distrutti dalla Cia, con l'ausilio anche della psichiatria, che finanziò la diffusione del concetto dell'amore libero e del LSD, il loro modo di vestire fu assorbito dal sistema economico che diede vita a una moda, e non fu più possibile distinguere un hippy da un comune cittadino attratto da quella moda.



In questo periodo pieno di incertezze c'è un fenomeno che sta esplodendo, e il libro "The secret" di Rhonda Byrne è uno dei tanti esempi che potrei fare. In esso si parla della legge dell'attrazione, una delle capacità dell'essere spirituale, e il successo editoriale di questo libro dipende dal fatto che questa legge viene proposta per l'acquisizione di benessere materiale, ricchezza e potere. Leggilo o rileggilo tenendo presente quanto ho appena scritto e vedrai che, spogliato di tutto il contorno, il diventare ricchi è il fine proposto, anche se rivolto allo spirito, ma lo allontana dai suoi orizzonti e scopi primari, la consapevolezza del vero sé.
Non c'è niente di male nel diventare ricchi, e gli spiriti elevati attirano incidentalmente prosperità e ogni cosa di cui abbiano bisogno, ma è diverso dal farne il proprio scopo.


Molti hanno acquistato quel libro, io di libri ho la fortuna di riceverne in omaggio, ma non sono diventati né ricchi né potenti, e allora sono venuti alla ribalta una miriade di guru, che promettono di insegnare come usare la legge dell'attrazione, e spiegano che chi non ha successo è perché non ha "the secret of the secret", the secret non basta e loro possono rivelarlo in sedute di gruppo o individuali.
Su quest'onda sono sorti facilitatori, maestri di vita, coach, angeli custodi, guide spirituali, ipnotizzatori e tutti promettono di fare diventare ricchi dopo un paio di seminari.
Sono i dupes della New Age.


Si potrebbe parlare a lungo anche del channeling e spiriti reincarnati che dichiarano di essere venuti sulla terra per aiutarci per ordine di entità divine, ma quanto detto è già sufficiente, quello che si vuole far notare è che il mondo economico sta inquinando anche il mondo spirituale solidificandolo, materializzandolo, rendendo più difficile il risveglio della coscienza e comprensione della nostra vera natura spirituale.
Questa globalizzazione del mondo spirituale è il fiore all'occhiello dei signori del mondo. Le persone che si liberassero dalle catene dell'usuale comune disinformazione dei media e cercassero un percorso spirituale che potrebbe renderle totalmente libere e consapevoli, se seguissero questi percorsi apparentemente spirituali incapperebbero in un'altra trappola del materialismo, seppure più raffinata.


Per creare il nuovo ordine mondiale è necessario togliere i punti di riferimento di un essere spirituale, e questi sono i suoi principi etici innati. Questi punti di riferimento sono necessari per trarre un giudizio corretto su cosa sia giusto o sbagliato. Una volta tolti di mezzo i principi etici, il risultato è un essere "rammollito" non più in grado di differenziare facilmente il vero dal falso e suscettibile ad ogni genere di spin.
Se poi gli togli anche i mezzi per risvegliare la sua coscienza, impedendogli di riacquistare la consapevolezza del vero sé, cioè di chi è veramente, condizione necessaria perché possa ritrovare nuovamente i suoi principi, l'intero processo diventa un gioco da bambini.


Quello che la globalizzazione del profitto indiscriminato sta cercando di implementare è una religione universale che assomiglia a un minestrone, anzi a un passato di verdura dove i singoli elementi non sono più riconoscibili e il gusto indefinito. Un insieme di pratiche, riti e culti che non portano da nessuna parte e chi si dedicasse ad esse verrebbe gratificato di una estatica confusione, rilassata inconsapevolezza e completa accettazione del nuovo ordine.
Se un Nuovo Ordine Mondiale, quello conosciuto come NWO, ci sarà, sarà in un mondo di dupes.


Meglio darsi da fare perché ciò non avvenga, altrimenti Matrix non sarà solo un film di fantascienza. Forse non è mai stato un film di fantascienza, ma un documentario.
"Ci sono campi, campi sterminati, dove gli esseri umani non nascono, vengono coltivati. A lungo non ho voluto crederci, poi ho visto quei campi con i miei occhi..."
Morpheus - Matrix

di Luciano Gianazza


Chiamamola Oligarchia, invece di democrazia.

Active Image



Interessi globalizzati, intrecci finanziari internazionali, predominio della finanza mondiale, angherie e miserie nostrane, nuovi centri di potere, crisi energetica. Uno sguardo un po' attento sui media, anche quelli mainstream, ci suggerisce uno scenario del genere. Uno scenario nel quale, sia sul piano locale sia sul piano planetario il grande potere si concentra nelle mani di pochi. Questo è un fatto.
Da anni ed anni si parla della pervasività di poteri internazionali più o meno occulti; e credo a ragione. Ma credo anche che sia giunto il momento di togliere loro quell'aura mistica che gli hanno affibbiato durante gli anni le varie 'agenzie del complotto globale'. Uso questo termine con simpatia perché tantissimi lavori sul predominio delle lobby bancarie mondiali sono ineccepibili. Ma dobbiamo cominciare a considerare lorsignori non degli illuminati in possesso di chissà qualità al limite del reale. Sono soltanto dei profittatori di origine bottegaia che con l'avvento della borghesia europea hanno capito che il controllo della merce delle merci (la moneta) valeva più della ricchezza materiale prodotta dalla natura e dal lavoro degli uomini.
Pensiamoci bene. In ognuna delle città in cui viviamo, specialmente se medio piccole, ci sono le solite poche famiglie di banchieri, palazzinari, imprenditori, mafiosi e affaristi vari che tirano le fila. Assistiti dai soliti nani cocchieri partoriti dalla politica locale e dal circuito dei media di riferimento. Comandi la destra o la sinistra, la musica è sempre la stessa (ci sono le dovute eccezioni, ma l'andazzo è lo stesso). Questa storia va avanti ormai da cinquemila anni almeno.
Da un paio di secoli il mondo ha cominciato ad essere sempre più globalizzato sotto la spinta della tecnologia, dell'industria nonché della standardizzazione culturale e antropologica. Le posizioni di preminenza dei vari Morgan, Warburg, Rothschild, Lazard, Rockefeller (le famiglie sono una ventina non di più) hanno cominciato a pesare come macigni sul mondo quando questi signori hanno preso in mano il sistema delle banche centrali e hanno cominciato a stampare la moneta. Di fatto è stato creato un meccanismo, neanche tanto occulto per la verità, con il quale le operazioni a debito vengono scaricate sulla collettività (vedi il salvataggio delle banche) mentre quelle remunerative (gli interessi percepiti dagli stati cui le banche centrali prestano letteralmente il danaro circolante) finiscono solo in tasche private.
Per mesi ho cercato un esempio che calzasse a pennello per descrive la situazione e credo di averlo trovato. Il mondo, finanziariamente, è il casinò di tutti. La sensibilità che va per la maggiore in questa bisca è che più hai, più giochi, più sei degno di stare lì dentro. In questa sala da gioco però solo una famiglia è autorizzata a fabbricare le fiches. Anche i membri di questa famiglia giocano ai tavoli. Se io cittadino del mondo voglio delle fiches sono obbligato a dare in cambio preziosi o il mio lavoro. In più mentre tengo in mano quelle monete di plastica sono obbligato anche a dare alla cassa anche un interesse sempre in fiches, proporzionato alla quantità che detengo ovviamente. Interesse correlato al tempo in cui le tengo in mano. Se perdo, per avere altre tessere, debbo consegnare alla cassa altri preziosi o altro lavoro. Se perdo tanto fallisco e mi impediscono di giocare, ma anche di prendere da bere e da mangiare, perché tutto si paga in monete di plastica. Se invece a perdere forte è un membro della famiglia che tiene la cassa, questa sarà autorizzata a stamparsi altre fiches di fatto diminuendo il valore di quelle di tutti gli altri giocatori, che quando le daranno indietro alla cassa per riavere i preziosi avranno perso parecchio potere di acquisto. In questo casinò c'è una sala dove si gioca ancora più forte, ancora più veloce, ancora più d'azzardo: è la Borsa.
Detto questo però occorre domandarsi: ma se le elites finanziarie non ci fossero ce ne sarebbero altre? Probabilmente sì. Probabilmente la Chiesa avrebbe un peso maggiore, probabilmente ci sarebbero altri attori. La storia dell'Unione Sovietica è emblematica; è una costante, da secoli i destini di interi popoli sono guidati da pochi. La verà novità dell'evo moderno non sta tanto nell'abbandono o nella prosecuzione di questa pratica (la Roma imperiale faceva le guerre per motivi in parte simili a quelli per cui le hanno fatte gli Usa o l'Urss) ma nella folle accelerazione imposta dalla rivoluzione industriale. Una accelerazione che per essere mantenuta abbisogna che il meccanismo 'consuma, produci, compra, spreca' sia sempre in perfetta efficienza. La vera cesura sta nel fatto che oggi viviamo nell'epoca dei limiti. Gli uomini nella storia di errori ne hanno commessi tanti. Anche di grossi. Mai però ad un errore di pochi, o di molti, è stata strettamente correlata la possibilità di mandare a ramengo l'intero genere umano o ampie porzioni di esso (non che la cosa custodisca in sè una sinistra prospettiva positiva, almeno sul piano estetico). Come dice Giulietto Chiesa, oggi viviamo nell'epoca dei limiti. I cosiddetti 'illuminati' che guidano il carro la cosa non la capiscono. O meglio la capiscono ma non la comprendono perché da ex bottegai quali sono, sono stati completamente pervasi dal meccanismo perverso ed idiota che loro stessi hanno creato.
A questi signori, seppur potenti, va tolto il manto di sacralità, che i tanti loro destrattori gli hanno tributato. Bisogna cominciare ad irriderli, a prenderli per il culo, a inchiodarli al loro essere i più ricchi pezzenti mai vissuti sulla terra. Vanno inchiodati alle loro responsabilità. La satira dovrebbe cominciare a chiamarli per nome e cognome e a spernacchiarli. Sono nani immani, ma sempre nani rimangono. In tutto questo contesto l'Italia non è che una provincia, più imputtanita e corrotta delle altre. Il nostro premier, i nostri politici di destra e sinistra, i poteri forti nostrani, seppur squalificati, sono solo domestici di taglia ancor più ristretta. Sputi cordiali.
(Per eventuali soluzioni - una democrazia diretta adatta ai nostri tempi, per esempio - citofonare Massimo Fini o consimili; io sono a secco di idee per ora.

di Marco Milioni


Curioso: ogni tanto il Giornale Radio dell’emittente di stato fa passare una notizia in un’edizione di primo mattino e poi la notizia scompare, apparentemente inghiottita in un buco nero.

Stessa cosa accade in certe edizioni antelucane dei giornali, e tutto questo frettoloso svanire è sintomo dell’importanza della notizia.
Se qualcuno si preoccupa di censurare, non servono commenti perché il fatto parla da sé: "Scusate il contrattempo: il popolo bue non deve sapere." Valga per tutte la pudica censura agl’incidenti, ultimamente piuttosto frequenti, a carico d’impianti nucleari qua e là per il mondo le cui nuove sono divulgate in modo quasi clandestino da media fuori dei giri di potere e, dunque, di scarsa diffusione.
Ora, restando nella categoria di notizie, salta fuori per un attimo fuggente che le nostre riserve di grano coprono sì e no sei mesi del fabbisogno nazionale e che noi siamo dipendenti dall’estero a questo riguardo.
Strano, potrebbe pensare chi ha avuto modo di ascoltare le dotte, più che convincenti disamine di scienziati e politici sul tema degl’impianti a biomasse. A quanto mi era parso di capire, anche per essere stato presente ad alcune di queste esternazioni, gli agricoltori non sanno che cosa coltivare e sono entusiasti di legarsi nella buona e nella cattiva sorte (ma la casta ci tranquillizza tutti: la sorte cattiva non ci sarà) a chi farà loro coltivare vegetali destinati ad essere bruciati sull’altare di un’energia di cui, ci giurano, abbiamo sempre più bisogno.
E il grano? Non si può perdere tempo con il grano quando ci si può occupare di argomenti ben più redditizi che richiedono la costruzione d’impianti con appalti, subappalti, permessi, concessioni, consulenze…

Un’altra notizia che è durata quanto una bolla di sapone è stata quella relativa alla meteorologia delle Olimpiadi ormai alle porte.
Al flop preannunciato, i cinesi non vogliono aggiungere l’aggravante della pioggia, e allora ecco la grande idea: spariamo in atmosfera enormi quantità di ioduro d’argento, facciamo cadere la pioggia adesso (lo ioduro d’argento provoca il fenomeno) e così, dall’8 agosto in poi, avremo tempo asciutto assicurato.
Al di là del ragionamento che a me, che pure di meteorologia non so nulla, appare a dir poco balzano, mi chiedo come si possa pensare di appestare un’aria, peraltro già tra le più mefitiche del mondo (io l’ho respirata per quasi un mese e non mi sono divertito), con un sale d’argento che, dopo aver aleggiato per un po’ sopra le teste, dovrà per forza ricadere a terra con tutte le fin troppo ovvie conseguenze su ambiente e salute come c’insegna chi ha devastato il Danubio in quella maniera. Un dubbio ulteriore mi viene, poi, dal fatto che lo ioduro d’argento costa caro e che i cinesi potrebbero optare per qualcosa d’altro.

Se, poi, si fa mente locale sul fatto che noi importiamo grandi quantità di prodotti agricoli, soprattutto orticoli, dalla Cina, e che laggiù si usano fertilizzanti e pesticidi di cui sarebbe quanto mai opportuno sapere di più, ecco che aggiungere ai vegetali anche iodio e argento (o altro?) potrebbe far sorgere qualche ulteriore perplessità.

È vero che, dopotutto, tornando al colpo di genio degl’impianti a biomasse, si prevede l’importazione di navi su navi cariche di olio di palma in cui ci sta di tutto un po’ e, dunque, introdurremo nella nostra aria chissà quante migliaia di tonnellate di porcherie recapitateci direttamente dall’Estremo Oriente. Ed è altrettanto vero che cementifici nostrani importano anch’essi, sempre senza che il solito popolo ne sia sufficientemente informato, navi su navi di pet coke (la feccia della lavorazione del petrolio) da oltre-Atlantico, non contenti di quello prodotto dalle nostre raffinerie, per essere bruciato e per poi esserci rifilato come residuo incenerito mescolato al cemento insieme con altre polveri sulle quali pare sia meglio non indagare. Quindi, ormai, i nostri organismi sono equiparati per ragion di stato a cloache in cui si scarica tutto quanto residua come prodotto collaterale dai business della nostra malavita (politica, impresa, accademia…)

A questo punto mi permetto di dare un consiglio modestissimo ai nostri malavitosi di regime: fate come si faceva nella Prima Repubblica. Anche allora si facevano porcate, si rubava, si corrompeva, si facevano, insomma, gli affari propri infischiandosi del bene comune. Infischiandosene fino ad un certo punto, però, e lì sta il segreto. Se voi continuerete così, a derubarci, a farci ammalare, a devastare il nostro patrimonio, a dilapidare risorse, a fare terra bruciata intorno a voi, a raccontarci balle, a trattarci come idioti, finirà che non avrete più di che ingrassarvi. Se non altro perché non ci sarà più niente.

E certo non avrete di che tramandare il vostro parassitismo ai vostri figli come si fa ora in tanti àmbiti, accademia in primis (e da lì deriva il collasso culturale di cui ci subiamo la vergogna a livello planetario), ma anche nella politica, nella funzione di stato, nel mondo dell’informazione… Fate come i vostri predecessori: rubate con misura e, se la cosa non suonasse buffa, con rispetto, perché se non ci sarà più niente per noi, prima o poi la festa sarà finita anche per voi e per le ambizioni dei vostri eredi.

di Stefano Montanari

La sinistra, il lupanere e i lenoni...



Che cos’è la sinistra? Un lupanare con troppi lenoni dove ci si fa la guerra per ragioni nient’affatto nobili e che, di sicuro, nulla hanno a che vedere con la tanto declamata questione morale. Veltroni è ormai un vaso di coccio tra vasi di ferro, sbanda pericolosamente ad ogni refolo che annuncia la resa dei conti. La sua è una sorte già segnata: andrà presto in frantumi stritolato tra il bombardatore di professione D’Alema e il redivivo Rutelli.


La sinistra radicale, bordello in editio minor ma con tutti i difetti della partitocrazia italica (tessere false, congressi simili a guerre per la spartizione del bottino e lacrime di coccodrillo per i diseredati), addebita il suo disastro elettorale a Walter l’africano, reo di averle tolto l’osso parlamentare, dopo tanto servire la causa dei banchieri e degli industriali più decotti. In verità, di una cosa dobbiamo ringraziare l’ex sindaco di Roma, di aver fatto emergere, una volta per tutte, la vera pasta di cui sono fatti questi comunisti: toccategli l’argent e i posti a sedere in parlamento e diverranno come bestie feroci.


Tutti vorrebbero fare la festa a Walter-Vuoto-Pneumatico (sembra il nome di un pistolero ma è solo quello di un "pistola") mentre lui resiste aggrappato a Di Pietro (nonostante qualche timida presa di distanza a causa dello stile agreste di costui che stride con lo spirito cosmopolita del primo), l’unico che gli fornisce un tema, l’antiberlusconismo, per serrare i ranghi in momento così critico. E' giunta l'ora del redde rationem e Walter non se la caverà certo con gli anglicismi.


Credo che sul duo Veltroni-Di Pietro la definizione migliore l’abbia data, ancora una volta, l’indomito Cossiga: «Veltroni è un bravo ragazzo, la faccia ce l’ha. Sa parlare bene, perché non dice nulla: la mattina può essere di destra e la sera di sinistra. Mette tutto insieme, anche l’operaio con la più bieca Confindustria. Beh, anche se io sono un po’ terzomondista e certe cose non vorrei dirle, Veltroni farebbe meglio ad andarsene in Africa come aveva detto”…“Di Pietro, gli voglio bene... È un totale ignorante, un demagogo e un perfetto cretino”.


Come andrà a finire la guerra tra correnti nel Pd è presto detto, D’Alema riprenderà in mano le redini del partito perché lo vogliono i poteri forti, lo vogliono gli americani e lo auspica una maggioranza di governo che avrà bisogno di una sponda di dialogo con l’opposizione, in previsione di una crisi italiana (economica, politica, sociale) che sarà devastante e ingovernabile.


La normalizzazione del quadro politico dipende, in parte, dagli uomini “ragionevoli” che siedono da una parte e dall’altra degli schieramenti. Quando Berlusconi deciderà di ritirarsi dalla vita politica (prima lo fa, meglio è per lui) questi potranno trovare l’assetto migliore per servire i padroni di sempre (GF & ID e lorsignori d’oltreoceano). Chissà se nel frattempo l’Italia intera non avrà trovato il mondo di mandarli tutti a gambe all’aria.


Godetevi allora questa lucida analisi sullo stato di putrescenza della sinistra, scritta da un riformista che, per frequentazione annosa, conosce bene i suoi polli.



Così il Pd è andato in fumo (fonte: Il Giornale)
di Peppino Caldarola

Se vi piacciono i giochi di guerra, dal Risiko al Game-Boy dei ragazzini, venite con me e vi farò vedere gli eserciti in battaglia della sinistra. Se non vi piacciono, seguitemi nella Torre di Babele della sinistra, vi tradurrò i linguaggi e i gesti. Vi girerà la testa, ma tenetevi forte, vi porterò al centro del sisma in pochi minuti.




A sinistra nulla è come lo abbiamo conosciuto, nulla è rimasto integro, nella sinistra più radicale fino a quella più moderata. La nuova vittoria di Berlusconi ha fatto deflagrare un mondo che si era unito solo perché c’era lui. Il Vaffa di Grillo a piazza Navona, con il coro di Guzzanti, Travaglio e Di Pietro, ha dato il segnale del redde rationem. Come ogni mappa che si rispetti partiremo dal bordo più lontano per raggiungere il centro della pergamena.


L’area più di sinistra della sinistra si è divisa quando c’era Prodi. Lo scontro fra Francesco Caruso e Casarini, con tanto di torta in faccia, e le liti fra i No-Tav, dicono quanto lo spirito di scissione sia penetrato anche là dove non è mai arrivato il pensiero. Poco più in là, la Sinistra Arcobaleno è tutto un fumare di macerie. C’è Oliviero Diliberto che vuole ricostruire il comunismo e ha sentito l’impellente bisogno di farlo partecipando alla manifestazione di Di Pietro. Il radicalismo di Oliviero non è bastato a Marco Rizzo, il pelato onnipresente in tv, che vorrebbe un partito più comunista di quanto si sia mai dato vedere. Ma Grillo è intervenuto anche su questa molecola separando la senatrice Palermi da Oliviero e da Marco. Così da un partito mignon, che intanto piange la fuga dello storico Tranfaglia, nasceranno una serie di sette clandestinissime.
Rifondazione ha preso dal voto il colpo storico. Fuori dal Parlamento i rifondaroli scoprono che non possono più stare assieme. L’ex ministro Ferrero, rigido valdese, non vuole avere nulla a che fare con Bertinotti che intanto incorona Nichi Vendola per salvare se stesso e l’ex segretario Franco Giordano. I congressi di Rifondazione si svolgono fra risse, contumelie e annullamenti. Forse si finirà in tribunale, sicuramente da una Rifondazione sola, fra qualche giorno, ne avremo almeno due. La débâcle del micro-partito di Mussi ha partorito una nuova leadership, Claudio Fava, deputato europeo, sulla carta più vicino a Veltroni, ma l’impatto con la piazza di Beppe Grillo sospinge anche questo raggruppamento verso l’annichilimento totale. I Verdi si sforzano di far dimenticare Pecoraro Scanio e la «monnezza» napoletana. Anche qui ci si spacca come una mela con un gruppo più disinvolto capeggiato da Paolo Cento e i verdi-verdi di Grazia Francescato.
Un po’ più a destra troviamo i socialisti del nuovo Ps, che dimenticato nell’anticamera di una palestra Enrico Boselli, cercano la strada più facile per entrare in quel Pd veltroniano da cui molti scappano. Sul fronte opposto c’è la galassia dipietrista, l’unica destra che è riuscita a sequestrare la sinistra dopo il fascismo. Di Pietro è un mondo a sé. Attorno a lui si sono aggregati quello che restava dei vecchi girotondi, i ds dissidenti, i giornali che vivono e prosperano sulla guerra civile italiana, da Repubblica all’Unità. Berlusconi ha dato da vivere anche a loro, ai loro libri e dvd. Sembrava un mondo compatto in grado di partire all’assalto della sinistra riformista, invece il Risiko nostrano ha sfrantumato anche questa fragile aggregazione. Da un lato Travaglio, Di Pietro, la Guzzanti, dall’altra il fondatore Nanni Moretti, in compagnia di due girotondini pentiti, Furio Colombo ed Ezio Mauro.



Quest’ultimo nome segnala, nella guerra civile generalizzata, una specifica battaglia che si combatte nel giornalismo di sinistra. La rutelliana Europa, diretta da Stefano Menichini, si contrappone all’Unità di Antonio Padellaro in procinto di lasciare la direzione all’ex inviata di Repubblica Concita De Gregorio. Europa attacca l’Unità che risponde invelenita, mentre Ezio Mauro chiede a Gad Lerner e Edmondo Berselli di staccare il giornale del principe Caracciolo e di De Benedetti da un mondo girotondino che il direttore di Repubblica aveva convocato in piazza irritando i lettori riformisti.
Al centro della mappa c’è l’isola del Tesoro, cioè il Pd, con il suo 32% di voti che i duellanti che combattono in periferia vorrebbero conquistare e che gli indigeni si preparano a devastare con la più cruenta guerra civile. Nel Pd ho contato, come ha riferito Paola Setti in un divertente articolo pubblicato dal Giornale, almeno 17 correnti. La fusione fredda fra due partiti, Ds e Margherita, ha prodotto quasi venti partitini l’uno all’assalto dell’altro. Non è necessario elencare tutti gli eserciti in lotta né i nomi dei signori della guerra. Al centro della disputa c’è la leadership di Veltroni. Il segretario del Pd è forse il primo leader italiano che, nel giro di dieci mesi, ha rovesciato completamente la propria linea politica. Era per la fine dell’antiberlusconismo e ha ripreso la lotta senza quartiere al Cavaliere, era per l’alleanza con Di Pietro e ora la revoca, era contro l’assemblaggio con i partiti minori e fa accattonaggio con Vendola, Nencini e Claudio Fava, per tacere di Casini. Era per il sistema elettorale spagnolo e accetterà quello tedesco. Questo tipo di guerra esalta la figura di Massimo D’Alema che con la sua ReD (Riformisti e Democratici) ha creato un partito nel partito esattamente come ha fatto Rutelli con la sua associazione Glocus. La posta in gioco è la guida del Pd. La domanda vera è se il Pd esisterà dopo le elezioni europee.
Le Grandi Guerre finiscono dopo decenni con accordi di ferro. Accadrà lo stesso alla guerra civile nella sinistra? Può darsi che Veltroni ce la faccia, può darsi che D’Alema riprenda il potere, può accadere che Rutelli se ne vada con Casini, ci sarà un leader che darà una patria comune a tutti i cespugli della sinistra radicale. Sembra di essere di fronte alla sinistra francese prima di Mitterrand, tutti contro tutti. Ma c’è un Mitterrand italiano? Se vi viene un nome fatemelo sapere. Al momento, dopo la guerra c’è solo la guerra. La vostra guida si arrende di fronte al campo di battaglia devastato.

di Giovanni Petrosillo/Peppino Caldarola




La crisi la stella e l´ignorata bussola della sostenibilità.

I tentativi per riaccendere i consumi piuttosto sopiti in questa fase di crisi economica (su cui gli stessi economisti non hanno molto le idee chiare né sull’esito né su quali strumenti siano più adeguati per uscirne) si moltiplicano in tutti i settori. Dall’anticipazione dei saldi estivi nei negozi di abbigliamento, al lancio di nuovi prodotti a settembre su cui già lavorano le agenzie di comunicazione e marketing. Perché, se si può fare a meno di qualche grado più in giù di temperatura per far lavorare meno i condizionatori nelle aziende (più per non pagare bollette da capogiro che per una aumentata coscienza ecologica) alla pubblicità non si rinuncia. Quello della pubblicità ( da non confondere con la comunicazione ) è infatti un settore che risente della crisi dei consumi in maniera esattamente opposta: maggiore è la flessione sui consumi, maggiore è il rilancio in termini pubblicitari per farli ripartire.

«In momenti difficili le imprese guadagnano le quote di mercato perché ci sono più spazi» afferma il presidente dei pubblicitari Lorenzo Sassoli a conferma che l’unica ricetta che si propone per far ripartire la crescita economica è quella di far ripartire i consumi interni e che quindi la pubblicità è essenziale allo scopo.

Una ricetta vecchia e poco lungimirante, potremmo dire, mentre lo è assai di più, e molto più fresca, quella che propone in un intervista al Sole 24 ore Pasquale Pistorio, un imprenditore di vecchio stampo ma di idee niente affatto datate. Parlando di strategie energetiche, a parte bollare come insostenibile tornare al nucleare ( semmai si deve investire di più sulla quarta generazione dice Pistorio) la formula magica che indica è «costituita dal mettere insieme tre soggetti e tre strumenti» e continua spiegando che «i tre soggetti sono le istituzioni, le istruzioni e i cittadini e i tre strumenti sono gli incentivi sul passato, la normativa sul futuro e l’educazione».

Una formula che in effetti se bene impostata permetterebbe di avviare percorsi interessanti-almeno dal punto di vista energetico- che avrebbero il vantaggio di essere utili per l’ambiente , per l’economia e in più avrebbero un valore pedagogico per i cittadini. Ma non sembra comprendere (o condividere) questa formula il governo, che nella manovra finanziaria prevede di togliere anche quello che il precedente governo aveva cominciato ad inserire in tal senso: così può infatti essere letta la cancellazione della certificazione energetica degli edifici, ad esempio, introdotta nella scorsa finanziaria.

Ha altre idee il governo per aprire squarci in una situazione che anche stamani è stata descritta con toni assai pessimisti dal ministro dell’economia Giulio Tremonti, nel corso del suo intervento sul decreto legge sulla manovra finanziaria nell´aula di Montecitorio. «La crisi economica in atto nel mondo e nell´Italia può aggravarsi» e la sua ricetta è quella di continuare sulla strada della Robin tax, che –giura- non avrà ricadute negative sulle famiglie.
E che i quattro miliardi di entrate aggiuntive che si calcola deriveranno dalla tassa «andranno tutti al settore sociale». In che modo, ancora non è dato sapere, ma come più volte annunciato dovrebbero essere sconti sulla spesa in negozi convenzionati (che è cosa assai diversa dall’orientare i consumi in direzione della sostenibilità).

Insomma quello che appare piuttosto diffuso, oltre ad una aurea di pessimismo generalizzato, è la riproposizione di vecchi schemi e vecchi modelli per superare i problemi che quegli stessi schemi e quelli stessi modelli hanno generato. Un approccio che non solo non tiene minimamente di conto del fatto che esiste un indiscutibile limite fisico al tipo di sviluppo fino ad oggi praticato (limite che viene evidenziato ormai in maniera inequivocabile da segnali empirici quotidiani) ma che è ormai destinato a produrre - al massimo - prospettive come quelle descritte sul sole 24 ore di oggi da Martin Wolf: ovvero incertezza.

Affidandosi alla sorte per uscire dalla tempesta. La ricetta cui si affidavano anche i marinai che si sono avventurati per la prima volta in mare con gusci di legno. Se questo deve essere, non c’è allora bisogno di scomodare il gotha dell’economia. Basta sperare nella propria stella.


di Lucia Venturi

La Sec indaga sulle manipolazioni di mercato









Continuano le indagini sul terremoto finanziario ed i suoi risvolti che stanno scuotendo gli Stati Uniti. Dopo l’indagine di vari tribunali, dell’Fbi, e della Sec stessa, la Securities and Exchange Commission, ovvero la Consob statunitense, ha inviato diversi mandati di comparizione nei confronti di alcuni dei rappresentanti dei maggiori istituti finanziari del Nuovo Continente. Questa volta l’accusa è quella di aver manipolato i titoli di Bear Stearns, salvata in extremis prima del fallimento, e Lehman Brothers, pesantemente colpiti dalle speculazioni e a rischio bancarotta. Lo ha reso noto il canale televisivo Bloomberg, precisando come tra i colossi presenti nel provvedimento vi sono anche Deutsche Bank, Goldman Sachs e Merrill Lynch. La Sec ha fatto recapitare ieri dei mandati di comparizione nei confronti di oltre 50 società specializzate nella consulenza agli hedge funds sospettati di aver accentuato la speculazione al ribasso sui titoli di Bear e Lehman. Ad aver dato vita a tale indagine sembrano siano stati i top manager proprio di Lehman Brothers e Bear Stearns, che hanno chiesto all’amministratore delegato di Goldman Sachs Lloyd Blankfein di far luce sul ruolo che la banca d’affari Usa avrebbe giocato nelle manipolazioni. L’accusa è basata su alcune indiscrezioni secondo le quali, nei giorni precedenti al crollo, i trader di GS avrebbero manipolato il titolo del broker. A parlare a Blankfein sarebbe stato anche il numero uno di Lehman, Richard Fuld. Lo stesso Fuld, avrebbe contattato quei trader sospettati di aver provocato il crollo del titolo a Wall Street. Sempre ieri, in tarda serata, la Sec ha emesso un provvedimento di emergenza mirato a limitare alcune tipologie di vendite allo scoperto, cioè al ribasso, sui titoli di 19 delle principali società finanziarie di Wall Street, tra cui anche Fannie Mae e Freddie Mac. Il provvedimento sarà in vigore dal 21 luglio fino al 29 luglio, ma potrebbe essere esteso di 30 giorni. La norma di emergenza riguarderà 19 società finanziarie, tra le quali Lehman Brothers, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Morgan Stanley, JPMorgan Chase & Co e Citigroup. La Sec ha affermato che una perdita di fiducia nel mercato potrebbe portare a panic selling, che potrebbe essere ulteriormente aggravato da alcune tipologie di vendita allo scoperto.
I venditori allo scoperto prendono in prestito azioni che considerano sopravvalutate e le vendono, giocando sulla possibilità di ricomprarle successivamente a un prezzo più basso, guadagnandoci. I legislatori da tempo sollecitano la Sec a investigare per capire se dietro alla forte flessione dei titoli finanziari di quest’anno ci siano venditori allo scoperto e speculatori. Lo scorso fine settimana la Sec ha annunciato anche un piano per fermare le voci false. Si tratta, questo, dell’ultimo tentativo della Consob statunitense di porre un freno alla manipolazione del mercato che, secondo alcuni, è responsabile del brusco ribasso dei titoli finanziari e del crollo a marzo della banca di investimenti Bear Stearns. Al 30 giugno, i venditori allo scoperto detenevano il 14% delle azioni di Fannie Mae, il 3% in più rispetto all’agosto precedente, e il 12% di quelle di Freddie Mac, il 2,7% in più da agosto. Avevano anche circa il 10% delle azioni di Lehman.
I venditori allo scoperto ribattono che la loro attività impedisce alle azioni di essere sopravvalutate ed è una funzione essenziale nel mercato. La Sec, però, sta considerando anche altre norme per limitare la manipolazione dei prezzi sul mercato, ma non ha reso noto quando e se entreranno in vigore. Un segno tangibile che le autorità finanziarie statunitensi stanno passando all’azione contro le speculazioni, ritenute oggi più dannose che altro.
Dopo la mossa antispeculazione promossa dalla Consob statunitense, non si esclude che fra le prossime norme ci possa essere qualche limitazione anche all’eccessiva quanto criminale manipolazione dei prezzi energetici e alimentari. Nonostante siano in molti a sostenere che il prezzo del greggio, così come quello di molte materie prime scambiate sui mercati internazionali, sia dovuto ad una normale dinamica di mercato, il provvedimento della Sec sembra ormai confermare come gli speculatori senza scrupoli esistano ed operino incontrastati. Banche d’affari, fondi d’investimento, trader che grazie anche alle iniezioni delle banche centrali, che non esitano a ripianare le perdite dovute ai propri sbagli speculando su qualsiasi cosa, anche generi alimentari di prima necessità, trasferendo il costo della crisi finanziaria attuale alla collettività tramite l’inflazione.

di Marzio Paolo Rotondo'