3.10.08

Wall Street: le borse si preparino all'onda d'urto



Per pochi voti, il Congresso Usa non ha approvato il piano di salvataggio proposto da Bush. E' l'ultima grande sconfitta politica per l'amministrazione e le sue ricette economiche. Del resto, oltre ai cadaveri politici, la crisi dei mutui sub-prime continua a lasciarsi alle spalle cadaveri finanziari svuotati oramai di ogni valore. La prima a cadere fu la Nothern Rock, nel dicembre del 2007 in Inghilterra, cui seguì il salvataggio pilotato della banca d’investimenti Bearn Stearns da parte di JP Morgan. Era il marzo di quest’anno. C’é stato poi il fallimento della Lehman Brothers e della nazionalizzazione da 200 miliardi di dollari dei due colossi dei mutui, Fannie Mae e Freddie Mac, la più imponente da quando gli USA sono una nazione. La crisi ha poi travolto, dando così al mondo intero il segno lampante della sua natura strutturale, anche il settore assicurativo, come mostrato dal salvataggio del colosso AIG, costato al governo USA 85 miliardi di dollari, e dalle ingenti perdite registrate dalla Swiss Re, la prima società al mondo, per capitalizzazione, nel settore riassicurativo.

E’ notizia di questi giorni, infine, che lo stato del Lussemburgo è pronto ad assumere una partecipazione nel capitale della banca belga-olandese Fortis per farla uscire dalla crisi che sta attraversando; questo nonostante tutti i politici europei (i nostri in questo si uniscono al coro) facciano a gara nel ribadire che il sistema europeo è stabile e sicuro. Ma le cose, ovviamente, non stanno come vorrebbero farci credere.

E’ bastata, infatti, qualche indiscrezione sul piano di salvataggio varato dall’ex numero uno della Goldman Sach, ora ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, per far volare le borse in cielo nei giorni immediatamente successivi al fallimento della Lehamn Brothers. Così come è bastato qualche stop and go nella sua approvazione per farle riprecipitare nel baratro da cui i più ingenui pensavano si fossero salvate, per bruciare l’ennesima montagna di dollari ed aggiungere un’altra lapide – l’ultima porta su scritto “Washington Mutual” – nel cimitero di quella che un tempo era la capitale della finanza: Wall Street. Tutto questo non è casuale.

Tutto questo ha un nome: panico. Sono nel panico le banche che non si prestano più i soldi tra loro, indice palese dell’insicurezza in cui versano; sono nel panico gli operatori finanziari e i brokers assicurativi che vedono i loro colleghi, scatoloni in mano, in mezzo ad una strada senza più un lavoro; sono nel panico, in definitiva, tutti coloro che sono a conoscenza della natura strutturale ed endemica delle cause di questa crisi, motivo per cui nessuno deve pronunciare quella parola sul mainstream ufficiale. Se la gente, il popolo, quei piccoli e piccolissimi risparmiatori, che sono il cibo preferito dai grandi predatori della finanza, sapessero quali sono i termini e i numeri di questa crisi, nulla si potrebbe più inventare davanti al conseguente, nonché inevitabile, collasso del sistema".

Qualcosa di grosso sta arrivando. Gli eventi – afferma Jim Willie CB, redattore della HAT TRICK LETTER, giornale online specializzato nel settore economico – convergeranno sulla nemesi principale dell’oro: le obbligazioni del Tesoro degli Stati Uniti. L’interferenza del mercato è troppo spropositata per le obbligazioni, per le azioni bancarie, per l’intero settore finanziario. Inoltre, le strutture del sistema bancario sono a pezzi. I pilastri dell’economia americana si trovano in guai seri, con profondi disavanzi e insolvenze all’ordine del giorno. Guardate il disavanzo federale del governo degli Stati Uniti (che aumenta rapidamente), il disavanzo commerciale (cronicamente ampio), l’ammortamento negativo nel mercato immobiliare (che sta progressivamente peggiorando) e le banche insolventi (che peggiorano ogni trimestre, nonostante le smentite). Sta arrivando una fortissima onda d’urto.”

Sono infatti i dati macroeconomici del Tesoro americano a dare l’idea della inevitabilità di un redde rationem per la finanza targata a stelle e strisce. Gli Stati Uniti, infatti, sono il paese con il più alto debito pubblico del mondo e continuano ad indebitarsi sempre di più per mantenere uno stile di vita assolutamente al sopra delle loro reali possibilità economiche. Mentre la recessione economica degli Stati Uniti ha preso piede, le entrate dalle tasse sui capital gains e sui salari sono, infatti, in netto calo. Le prospettive per il futuro, poi, se possibile, sono ancora più nere. Persino le esportazioni s’incepperanno nel rallentamento globale.

Il disavanzo nel budget federale del governo degli Stati Uniti sarà enorme, anche senza le richieste di nazionalizzazione. A dare un quadro delle richieste che di qui a poco saranno presentate alla Casa Bianca è sempre lo stesso Jim Willie: “Il gruppo dei settori in cerca di un salvataggio imminente sul filo conduttore della nazionalizzazione comprendono - dopo quelle già concluse di Fannie Mae & Freddie Mac, General Motors, Ford, le banche di Wall Street e alcune compagnie aeree”. Aggiungete a questa altre stupefacenti richieste di finanziamento per la “Federal Deposit Insurance Corporation” (per coprire i depositi bancari in fallimento) e per il “Pension Guarantee Fund” (per coprire i fondi pensione andati in bancarotta) ed otterrete un quadro decisamente poco edificante: un vero e proprio assalto alla diligenza. Ma di proporzioni, almeno fino ad oggi, difficili da valutare nella loro drammaticità.

Davanti ad uno scenario tanto oscuro la risposta dell’amministrazione Bush non si è fatta attendere: le casse dello stato si accolleranno tutti i titoli spazzatura per salvare l’economia e, ovviamente, per il bene dell’America. Oro in cambio di carta straccia. Il tutto, almeno nella prima bozza del piano Paulson, senza alcuna contropartita da parte di quegli istituti finanziari che si vedranno piovere dal cielo vagonate di dollari e senza, ovviamente, apportare alcuna modifica nel settore dell’autorità di garanzia del mercato e della borsa. Come se ci fosse una logica nell’affidarsi a quegli stessi soggetti che ci hanno portato, passo dopo passo, sull’orlo del burrone. Se quel piano, o una sua versione simile, dovesse trovare l’appoggio del Congresso – come tutto sembra indicare - sarà come lanciarsi nel vuoto.

Rimane poi da considerare il fatto, per nulla secondario, che nel corso degli ultimi due decenni, gli stranieri hanno accumulato quantità gigantesche di obbligazioni del Tesoro americano; con l’esito che, ad oggi, troppi “nemici” degli USA detengono enormi quantità dei loro titoli del debito pubblico federale. Gli Stati Uniti, in definitiva, non controllano più il loro destino. Abbiamo così il dollaro americano che sta recuperando mentre la sua situazione finanziaria sta implodendo e il declino del mercato immobiliare che inesorabilmente fungerà da forza trainante (verso l’abisso) per la già menomata situazione economica degli States.

“La storia della forza relativa degli USA – conclude lo stesso Willie – all’apparenza è assurda, eppure costituisce un capitolo importante nel saggio della Mitologia Economica. Una simile contraddizione invita ad una reazione”. Eppure nulla pare indicare quel cambiamento vertiginoso che le istituzioni pubbliche dovrebbero imprimere per risollevare la credibilità della loro economia. Lo spettacolo, dopotutto, deve continuare. Sembra quasi di assistere ad una scena grottesca: il popolo americano che, mentre la sua casa sta bruciando dalle fondamenta, decide, con un secchio d’acqua in mano, di farsi una doccia. Peccato che la casa più vicina al rogo sia quella della borsa di Londra. Praticamente dietro casa nostra.


di Ilvio Pannullo

Il salvataggio finanziario



Nessuno si aspettava che il capitalismo industriale finisse così. Nessuno addirittura aveva notato che si stava evolvendo in questa direzione. Ho paura che questo difetto non sia insolito tra i futurologi: la tendenza naturale è quella di pensare a come le economie possano crescere ed evolvere nel migliore dei modi, non a come non possano essere monitorate. Ma sembra sempre presentarsi una strada imprevedibile, ed ecco che la società parte per la tangente.

Che ultime due settimane pazzesche!

Domenica 7 settembre il Tesoro si è accollato i 5.300 miliardi di esposizione sui mutui di Fannie Mae e Freddie Mac, i cui dirigenti erano già stati destituiti per falso contabile.

Lunedì 15 settembre Lehman Brother è fallita, quando i potenziali acquirenti di Wall Streen non riuscivano a vedere più alcun senso di realtà dai suoi libri contabili. Mercoledì la Federal Reserve ha acconsentito per pagare almeno 85 miliardi di dollari nelle vincite di facciata “assicurate” che si dovevano agli speculatori finanziari che avevano scommesso su scambi fatti al computer di mutui spazzatura e che avevano comprato una copertura della controparte dalla A.I.G. (l’American International Group, il cui presidente Maurice Greenberg era già stato destituito da qualche anno per falso contabile).

Ma è venerdì 19 settembre che verrà ricordato come il punto di svolta nella storia americana. La Casa Bianca ha impegnato quasi 500 miliardi di dollari per far aumentare i prezzi del mercato immobiliare in un tentativo per supportare il valore di mercato dei mutui spazzatura – mutui erogati di gran lunga superiori alla possibilità dei debitori di estinguerli e di gran lunga superiori al prezzo di mercato corrente del collaterale impegnato.

Questi miliardi di dollari sono stati dedicati a mantenere vivo un sogno – le invenzioni contabili registrate dalle aziende che erano entrate in un mondo irreale basato sulla contabilità fasulla e che quasi tutti nel settore finanziario sapevano che era falsificata. Ma si stava al gioco, comprando e vendendo pacchetti di mutui spazzatura perché era lì che stavano isoldi. Come ha detto Charles Princes di Citibank: “Finché c’è musica, bisogna continuare a ballare.” Addirittura dopo il crollo dei mercati, i gestori di fondi che se ne stavano alla larga sono stati accusati di esseare usciti dal gioco mentre la partita era ancora in corso. Ho degli amici a Wall Street che sono stati licenziati per non essere riusciti ad uguagliare i profitti che stavano realizzando i loro colleghi. E i maggiori profitti dovevano essere realizzati trattando il più grande patrimonio finanziario dell’economia – i mutui. Solamente i mutui impacchettati, di proprietà o garantiti da Fannie e Freddie, superavano l’intero debito nazionale degli Stati Uniti – il disavanzo complessivo accumulato dal governo americano dalla vittoria nella Guerra di rivoluzione!

Tutto questo dà un’idea di quanto sia stato imponente il salvataggio – e dove risiedano le priorità del governo (o almeno quelle dei Repubblicani). Invece di aprire gli occhi dell’economia di fronte alla realtà, il governo ha speso tutte le proprie risorse per promuovere il sogno illusorio che i debiti possono essere estinti. E se non possono essere estinti dai debitori stessi, allora ci penserà il governo – i “contribuenti”, in un eufemismo.

Da un giorno all'altro, il Tesoro e la Federal Reserve hanno cambiato radicalmente il carattere del capitalismo americano. Si tratta niente meno che di un colpo di stato a favore della classe sociale che Franklin Delano Roosevelt definiva i “bankster1” Quello che è avvenuto nelle ultime due settimane minaccia di alterare il prossimo secolo – in modo irreversibile, se riusciranno a farla franca. Questo è il più grande e ingiusto trasferimento di ricchezza dai tempi della distribuzione della terra ai magnati delle ferrovie all’epoca della Guerra di Secessione.

Tuttavia, ci sono poche indicazioni sul fatto che si possa porre fine alla solita tiritera del libero mercato da parte degli addetti ai lavori che sono riusciti ad evitare la sorveglianza pubblica nominando dei non regolatori nelle principali agenzie di regolamentazione – e perciò creando lo scompiglio che ora, secondo il Segretario al Tesoro Henry Paulson, minaccia i conti correnti e i posti di lavoro di tutti gli americani. Naturalmente, coloro a cui fa riferimento Paulson sono i più grandi finanziatori della campagna elettorale Repubblicana (e, ad essere sinceri, anche i più grandi finanziatori dei candidati Democratici nelle principali commissioni finanziarie).

Una classe sociale cleptocratica si è impadronita dell’economia per sostituire il capitalismo industriale. Il termine “bankster” coniato da Franklin Roosevelt la dice tutta. L’economia è stata catturata – da una forza aliena, non dai soliti sospetti. Non dal socialismo, dai lavoratori o dallo “statalismo”, né dagli industriali monopolisti o addirittura dalle grandi famiglie di banchieri. Sicuramente non dai massoni o dagli Illuminati. (Sarebbe splendido se ci fosse veramente qualche gruppo di persone che agisse con qualche secolo di saggezza alle spalle, così almeno qualcuno almeno avrebbe un piano). Invece, i bankster hanno siglato un patto con una forza aliena – non i comunisti, i russi, gli asiatici o gli arabi. Nemmeno un essere umano. I componenti di questo gruppo di persone sono una nuova stirpe di macchine. Potrebbe sembrare un film di Terminator, ma le macchine computerizzate si sono davvero impadronite del mondo – perlomeno, il mondo della Casa Bianca.

Ed ecco come hanno fatto. A.I.G. ha stipulato polizze assicurative di tutti i tipi: assicurazioni sulla casa e sulla proprietà, assicurazioni sul bestiame, persino leasing su aeromobili. Questi affari altamente redditizi non erano un problema (quindi probabilmente saranno liquidati per ripagare le scommesse andate storte della società). Il crollo di A.I.G. è arrivato dai 450 miliardi di dollari che si era obbligata a pagare come risultato della garanzia assicurativa degli hedge fund della controparte. In altre parole, se le due parti contraenti avessero giocato al gioco a somma zero di scommettere l’una contro l’altra se il dollaro sarebbe aumentato o diminuito nei confronti della sterlina o dell’euro, o se avessero assicurato un portafoglio di mutui spazzatura per essere sicuri che sarebbero stati pagati, avrebbero corrisposto una piccolissima commissione alla A.I.G. per una polizza nella quale si prometteva di pagare se, diciamo, gli 11.000 miliardi del mercato americano dei mutui avessero fatto “un passo falso” o se i perdenti che avevano scommesso miliardi di dollari nelle puntate sullo scambio di derivati stranieri, nei derivati sulle obbligazioni e sulle azioni si fossero dovuti trovare, in qualche modo, nella situazione in cui si ritrovano numerosi clienti abituali di Las Vegas, e non essere in grado di sborsare i quattrini per coprire le perdite.

A.I.G. ha raccolto miliardi di dollari in tali polizze. E grazie al fatto che le società di assicurazioni sono un paradiso di Milton Friedman – non regolamentate né dalla Federal Reserve né da altre agenzie nazionali – e quindi in grado di ottenere il proverbiale “giro gratis” senza la sorveglianza del governo – la stipula di queste polizze è stata fatta da tabulati al computer, e la società ha raccolto enormi quote e commissioni senza impiegare troppo capitale proprio. Questo è quella che viene definita “auto-regolamentazione” ed è come si suppone che funzioni la Mano Invisibile. Inevitabilmente si è scoperto che alcune delle istituzioni finanziarie che avevano effettuato scommesse per miliardi di dollari – di solito sotto forma di puntate del valore di centinaia di milioni di dollari nel corso di pochi minuti, per essere precisi – non potevano pagare. Queste scommesse vengono effettuate nel giro di millisecondi, colpi su una tastiera senza quasi alcuna interazione umana. In quel senso non è improbabile l’acquisizione da parte di individui alieni a forma di baccello. Ma in questo caso si tratta di macchine simili a robot, da qui l’analogia di prima con i Terminator. La loro improvvisa ascesa verso la dominazione è imprevista come un’invasione da Marte. L’esempio più vicino a noi è l’invasione dei ragazzi di Harvard, della Banca Mondiale e della U.S.A.I.D.2 in Russia e nelle altre economie post-sovietiche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, premendo per la distribuzione del libero mercato per creare cleptocrazie nazionali. Dovrebbe costituire un segno di preoccupazione per gli americani il fatto che questi cleptocrati sono diventati le Ricchezze Fondatrici dei loro rispettivi paesi. Dovremmo tenere a mente l’aforisma di Aristotele secondo cui la democrazia è la fase politica immediatamente precedente all’oligarchia.

Le macchine finanziarie che hanno messo in campo le trattative che hanno fatto fallire A.I.G. erano state programmate dai direttori finanziari per agire alla velocità della luce nel condurre contrattazioni elettroniche che duravano ognuna solo una manciata di secondi, milioni di volte al giorno. Solo una macchina potrebbe calcolare delle probabilità matematiche fattorizzate in relazione agli svolazzi verso l’alto e verso il basso dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e dei prezzi di azioni e obbligazioni – e dei prezzi dei mutui impacchettati. E questi ultimi hanno assunto sempre più la forma di mutui spazzatura, facendo finta di essere debiti pagabili ma che erano in realtà materiale pubblicitario senza valore. Le macchine impiegate negli hedge fund, in particolare, hanno dato un nuovo significato al Capitalismo da Casinò, da tempo applicato dagli speculatori che giocavano al mercato azionario. Significava fare puntate incrociate, perderne alcune e vincerne altre – con il governo che mette in salvo chi non paga. La svolta nel fermento delle ultime due settimane è stata che i vincitori non potevano raccogliere le proprie puntate a meno che il governo avesse pagato i debiti che i debitori non erano in grado di coprire con il proprio denaro.

Si sarebbe portati a pensare che questo avrebbe richiesto un certo livello di controllo sul governo. L’attività forse non sarebbe dovuta mai essere autorizzata. In effetti, non è mai stata auorizzata, e dunque mai regolamentata. Ma sembra sia stato fatto per una buona ragione: gli investitori negli hedge fund dovevano firmare un documento nel quale si dichiarava di essere sufficientemente benestanti per permettersi di perdere il loro denaro in questo gioco d’azzardo finanziario. Ai piccoli investitori non era consentito partecipare. Nonostantele gli elevati guadagni che milioni di piccole contrattazioni generavano, erano considerati troppo rischiosi per i novellini che non avevano fondi fiduciari con cui giocare.

Un hedge fund non fa soldi producendo beni e servizi. Non avanza fondi per acquistare beni reali o addirittura per prestare denaro. Un hedge fund prende a prestito somme enormi per alzare la propria puntata con quasi credito gratuito. I suoi dirigenti non sono degli ingegneri industriali ma dei matematici che programmano computer per effettuare delle puntate incrociate su quale direzione potrebbero prendere i tassi di interesse, i tassi di cambio delle valute, i prezzi di azioni e obbligazioni – oppure i prezzi dei mutui bancari impacchettati. I prestiti impacchettati potrebbero essere puliti oppure potrebbero essere spazzatura. Non ha importanza. Tutto quello che importa è fare soldi in un mercato dove la maggior parte delle trattative dura solamente pochi secondi. Quello che crea il guadagno è la fibrillazione del prezzo – la volatilità.

Questo tipo di transazioni potrebbe rendere una fortuna, ma non è una “creazione di ricchezza” nella forma che riconoscono la maggior parte delle persone. Prima della formula matematica di Black-Scholes per calcolare il valore delle scommesse sugli hedge, questo tipo di opzioni put e call era troppo oneroso per garantire più utili a tutti, tranne che alle agenzie di brokeraggio. Ma la combinazione di potenti computer e l’”innovazione” dell’accesso quasi del tutto libero ai tavoli da gioco della finanza ha reso possibile frenetiche manovre da mordi-e-fuggi.

E allora perché il Tesoro ha ritenuto necessario entrare in questo quadretto? Perché questi speculatori dovevano essere salvati se avevano abbastanza soldi da perdere senza dover entrare sotto la tutela dello Stato? La contrattazione degli hedge fund era limitata a personaggi ricchissimi, alle banche d’investimento ed altri investitori istituzionali. Ma è diventato uno dei modi più semplici per far soldi, prestando fondi ad interesse alla gente per ripagare le loro trattative incrociate fatte al computer. E quasi in tempo reale, questi guadagni erano pagati in commissioni, stipendi e bonus annuali che richiamano alla mente l’epoca d’oro americana degli anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale – parecchio tempo prima che fosse introdotta l’imposta sui redditi del 1913. La cosa straordinaria riguardo a tutto questo denaro è che i suoi beneficiari non dovevano neppure sottostare alla normale imposta. Il governo aveva permesso loro di definirlo “capital gain”, ossia guadagno in conto capitale, vale a dire che il denaro era tassato solamente una parte di quanto venissero tassati i normali redditi.

Il pretesto, ovviamente, è quello che queste trattative frenetiche creano vero “capitale” ma di sicuro non è così, secondo la concezione classica del capitale del XIX secolo. Il termine è stato scollegato dalla produzione di beni e servizi, dall’assunzione di forza lavoro o dalla innovazione finanziaria. E’ più “capitale” il diritto a gestire una lotteria e raccogliere le vincite dalle speranze di chi ha perso. D’altra parte, i casinò di Las Vegas passando ai casinò sulle barche sui fiumi sono diventati un’importante “industria in crescita”, intorbidendo i concetti stessi di capitale, crescita e ricchezza.

Per chiudere i tavoli da gioco e ripagare il denaro, chi ha perso deve essere salvato – Fannie Mae, Freddie Mac, A.I.G. e chi sa chi altri arriverà? Questo è l’unico modo per risolvere il problema di come le aziende che hanno già corrisposto i propri utili ai dirigenti e agli azionisti invece di accantonarli raccoglieranno le loro vincite dai debitori insolventi e dalle compagnie di assicurazione. Questi perdenti hanno anche corrisposto gli utili ai loro direttori finanziari e agli addetti ai lavori (insieme ai soliti contributi patriottici per i candidati politici delle commissioni più importanti che hanno la responsabilità delle decisioni sulla struttura finanziaria del paese).

Tutto questo deve essere orchestrato con largo anticipo. E’ necessario comprare i politici e dar loro una storia di copertura plausibile (o almeno una serie ben congegnata di eufemismi preconfezionati) per spiegare agli elettori perché era nell’interesse pubblico salvare gli speculatori. E’ necessaria una buona retorica per spiegare perché il governo dovrebbe permettere loro di andare al casinò e tenersi tutte le vincite mentre si utilizzano finanziamenti pubblici per ripagare le perdite delle loro controparti.

Quello che è avvento il 18 e 19 settembre ha richiesto anni di preparazione, coronato da una falsa ideologia intagliata dagli esperti di pubbliche relazioni per essere trasmessa come una situazione di emergenza per gettare nel panico il Congresso – e gli elettori – poco prima delle elezioni presidenziali. Sembra essere la nostra sorpresa elettorale di settembre. In una situazione di crisi programmata, il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson fanno ora appello al paese per unirsi in una Guerra ai proprietari di casa in bancarotta. Si dice che sia l’unica speranza per “salvare il sistema” (E di quale sistema stiamo parlando? Non è capitalismo industriale, né bancario, per quanto ne sappiamo). La più grande trasformazione del sistema finanziario americano dai tempi della Grande Depressione è stata compressa in appena due settimane, iniziando con il raddoppio del debito del paese con la nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac il 7 settembre.

La teoria economica era solita spiegare che gli utili e l’interesse erano un guadagno per un rischio calcolato. Ma oggi il gioco si chiama capital gain e gioco d’azzardo computerizzato nella direzione dei tassi di interesse, delle valute straniere e dei prezzi delle azioni – e quando si fanno cattive puntate, i salvataggi sono il guadagno economico calcolato per i contributi elettorali. Ma non è il momento di parlare di queste cose. “Ora dobbiamo agire per proteggere la salute economica della nazione da un grave rischio”, ha intonato il presidente Bush il 19 settembre. Quello che intendeva dire è che la Casa Bianca deve garantire l’incolumità del più grande gruppo di contributori del Partito Repubblicano – cioè Wall Street – mettendo in salvo le loro pessime puntate. “Ci saranno ampie opportunità di discutere le origini di questo problema. Ora è il momento di risolverlo”. In altri termini, non facciamone una questione elettorale. “Nella storia della nostra nazione ci sono stati momenti che ci hanno richiesto di unirci e andare oltre le linee di partito per fronteggiare le sfide più importanti. Questo è uno di quei momenti”. Proprio prima delle elezioni presidenziali! Le stesse frottole erano state sentite in precedenza, venerdì mattina, dal Segretario al Tesoro Paulson: “La salute della nostra economia ci richiede di lavorare insieme per una rapida azione bipartisan”. Gli annunciatori avevano detto che erano stati discussi 500 miliardi di dollari per le manovre di oggi.

Buona parte della colpa dovrebbe andare all’amministrazione Clinton per aver portato all’abrogazione della legge Glas-Stegall nel 1999, consentendo alle banche di fondersi nei casinò. O piuttosto, i casinò hanno assorbito le banche. Ed è questo che ha messo a rischio i risparmi degli americani.

Ma questo significa che davvero l’unica soluzione è quella di far risalire il mercato immobiliare? Il piano Paulson-Bernanke è quello di consentire alle banche di svendere le case di cinque milioni di debitori di mutui che quest’anno stanno affrontando un’insolvenza o il pignoramento! I proprietari di casa con “mutui a tasso variabile in procinto di esplodere” perderanno la loro abitazione ma la Fed pomperà abbastanza credito alle agenzie di prestiti di mutui per consentire ai nuovi acquirenti di indebitarsi quanto basta per impossessarsi dei mutui spazzatura che sono attualmente nelle mani degli speculatori. E’ giunto il momento per un’altra bolla finanziaria e immobiliare che salvi i prestatori e gli impacchettatori di mutui spazzatura.

Gli Stati Uniti sono entrati in una nuova guerra – una Guerra per salvare i trader dei derivati computerizzati. Come la guerra in Iraq, anche questa si basa sulle menzogne e vi si è preso parte in un’apparente situazione di emergenza – verso cui la soluzione ha poco a che vedere con la causa sottostante dei problemi. Sul piano delle sicurezza finanziaria, il governo pagherà le obbligazioni di debito collaterizzate (CDO) che Warren Buffett ha definito “armi di distruzione di massa finanziaria”.

Non c’è da stupirsi che questa distribuzione di denaro pubblico sia gestita dallo stesso gruppo di persone che metteva in guardia così religiosamente il paese sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson hanno annunciato che questo non è il momento per dissapori bipartisan per il cambiamento della politica pubblica a favore dei creditori piuttosto che dei debitori. Non c’è tempo per ridurre il più grande salvataggio della storia una questione elettorale. Non è il momento adatto per discutere se è una buona cosa quella di far salire di nuovo i prezzi del mercato immobiliare ad un livello tale che obbligherà i nuovi acquirenti ad indebitarsi sempre di più ed impiegare all’incirca il 40 per cento della loro busta paga.

Ricordate quando il Presidente Bush e Alan Greenspan comunicavano agli americani che non c’erano abbastanza soldi per pagare la Previdenza Sociale (per non parlare di Medicare3) perché in futuro (tra 10 anni? 20 anni? 40 anni?) il sistema potrebbe avere un disavanzo di quello che ora sembrano delle insignificanti centinaia di miliardi di dollari spalmati su molti molti anni. In sostanza, se non riusciamo a capire come pagare, affossiamo subito il progetto. Bush e Greenspan avevano ovviamente un’utile soluzione. Il Tesoro poteva trasferire il denaro proveniente dalle Previdenza Sociale e dall’assicurazione sanitaria verso Bear Sterns, Lehman Brothers e i loro confratelli per essere investito con la “magia dell’interesse composto”.

Che cosa sarebbe accaduto alla Previdenza Sociale se fosse stato fatto? Forse dovremmo considerare gli avvenimenti delle ultime due settimane come la cessione agli speculatori di Wall Street di tutto il denaro che era stato messo da parte da quando la Commissione Greenspan nel 1983 aveva spostato il peso fiscale sulle trattenute in busta paga per il Federal Insurance Contributions Act4. Non sono i pensionati a venire salvati, ma gli investitori di Wall Street che hanno firmato documenti nei quali si affermava che potevano permettersi di perdere i loro soldi. Lo slogan dei Repubblicani per novembre dovrebbe essere “Viva l’assicurazione sul gioco d’azzardo, abbasso l’assicurazione sanitaria”. La tanto glorificata Strada verso la Schiavitù non è stata progettata in questo modo. Frederick Hayek e i suoi ragazzi di Chicago hanno insistatito sul fatto che la schiavitù arriverebbe dalla pianificazione e della regolamentazione del governo. Questa visione ha ribaltato le idee dei riformatori dell’era classica e progressista che dipingevano il governo come la mente della società, il suo timone per regolare i mercati – e liberarli dal profitto senza giocare un ruolo essenziale nella produzione.

La teoria della democrazia fa affidamento sul presupposto che gli elettori agirebbero nel proprio interesse. I riformatori del mercato elaborarono un’ipotesi simile affermando i consumatori, i risparmiatori e gli investitori promuoverebbero la crescita economica agendo con piena conoscenza e consapevolenzza delle dinamiche in gioco. Purtroppo la Mano Invisibile si è rivelata un inganno contabile, prestiti di mutui spazzatura, insider trading e il fatto di non riuscire di collegare l’aumento vertiginoso del debito con la possibilità di pagare da parte dei debitori – uno scompiglio apparentemente legittimato da modelli commerciali computerizzati, ed ora benedetti dal tesoro.

Michael Hudson è il presidente dell’ Institute for the Study of Long-Term Economic Trends (ISLET), un analista finanziario di Wall Street, professore emerito di economia all’Università del Missouri ed autore di “Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire” (1972 e 2003) e di “The Myth of Aid” (1971).

Fonte: www.globalresearch.ca

Un fungo atomico sopra Wall Street



"Paulson ha solo l’intenzione di regalare un trattamento di lusso ai suoi amici banchieri, mentre i tassi di interesse salgono, i fondi pensione collassano, il mercato immobiliare crolla e il dollaro compie l’ultima nuotata del cigno in una piscina di lava incandescente"

Una banca per domarli,
Una banca per ghermirli e nel buio incatenarli…

Questi sono tempi oscuri. Mentre stavate dormendo gli scarafaggi erano intenti al loro lavoro, rovistando nella Costituzione Usa e mettendo i tocchi finali al piano per ottenere potere assoluto sui mercati finanziari della nazione e sul futuro economico del paese. Il rappresentante dell’industria Henry Paulson ha sottoposto al Congresso una legge che metterà fine alla pretesa che Bush controlli qualcosa di più dello schermo di 4 x 6 pollici situato a pochi centimetri dai suoi occhi privi di vita e su cui legge le ultime notizie. Al potere ora c’è Paulson, e il coronamento avverrà in qualche momento all’inizio di questa settimana. Egli è salito al potere tramite un ben mascherato colpo di Stato dei banksters [gioco di parole: banchieri-gangsters n.d.t.] in cui lui, della sua cerchia di furbi amici, ha dichiarato la legge marziale sull’economia Usa elevando se stesso a leader supremo.

“Ave Cesare!” i giorni della Repubblica sono finiti.

A seguire: "Economisti contro il piano Paulson".

La sezione otto della proposta di legge dice tutto:
“Le decisioni del Segretario in seguito all’autorità di questa legge sono insindacabili [non-reviewable] e a discrezione dell’agenzia [la nuova agenzia creata appositamente da uqesta legge N.d.t.], e non possono essere sottoposte all’esame di nessun tribunale o agenzia amministrativa”.

Esatto; supremazia “insindacabile”.

Il Congresso, naturalmente, e più che ansioso di abdicare a qualunque piccola autorità gli sia rimasta. Sono infinitamente grati per il loro ruolo puramente cerimoniale, l’equivalente del cavallo di Caligola, anche se con molta meno dignità. Anche solo un senatore ha parlato contro questa follia, che, secondo sondaggi informali via Internet, è completamente rigettata dagli elettori? Forse Shelby dell’Alabama, l’unico repubblicano che ha votato contro l’abrogazione della legge Glass-Steagall nel 1999 [Legge risalente al 1933 che includeva misure contro la speculazione finanziaria. N.d.t.]. I membri del Congresso sono in qualche modo preoccupati che la presente crisi finanziaria è stata creata dalla proliferazione in vendita di migliaia di miliardi di dollari di obbligazioni spazzatura sui mutui, fraudolentemente presentate come obbligazioni da tripla A dalle stesse persone che ora affermano il bisogno di poteri dittatoriali senza precedenti per risolvere il problema? O sono più preoccupati che il costante torrente di contributi che fluisce da Wall Street alle casse delle campagne elettorali venga sconvenientemente distrutto se non ratificassero quest’ultimo assalto al governo democratico? La Camera dei Rappresentanti è un enorme mucchio di sterco fumante che dovrebbe essere raso al suolo e trasformato in un parco giochi da quel bordello pagato dai contribuenti che è ora. È un patetico gruppo di codardi e bifolchi.

Bloomberg News:
“L’amministrazione Bush, con quella che sarebbe un’intrusione senza precedenti del governo nei mercati, ha chiesto al Congresso poteri illimitati per comprare $ 700 miliardi di investimenti in cattivi mutui dalle aziende finanziarie. Tramite questo piano il segretario al Tesoro Henry Paulson mira a rovesciare un congelamento del credito che porterebbe il sistema finanziario e la maggiore economia mondiale su un binario morto. La legge impedirebbe ai tribunali di esaminare le azioni intraprese sotto quest’autorità.

‘Sta chiedendo una quantità enorme di potere’, ha detto l’economista della New York University Nouriel Roubini. ‘Sta dicendo: fidatevi di me, farò tutto bene se mi date un controllo assoluto. Questa non è una monarchia’”. (Bloomberg)

I banksters sono i proprietari di questo paese e lo sono sempre stati; solo che ora hanno deciso di togliersi la maschera e mostrare il macabro volto del burattinaio. Non è bello.

Paulson ha deciso che i mercati finanziari avevano bisogno di una plastica facciale di emergenza da mille miliardi di dollari qualche settimana prima che i suoi ex compagni d’affari della G-Sax [Goldman Sachs N.d.t.] vengano trascinati al patibolo del fallimento. È questa la ragione? Tutti a Wall Street sanno che lo sguardo del toro si era già spostato dalla schiena sanguinante della Lehman e stava per posarsi sulla Goldman. Ora sembra che sfuggiranno al loro giorno del giudizio per la grazia all’ultimo minuto concessa da Paulson. Bel colpo, eh?

Dalla proposta di legge:
Proposta di legge per l’acquisto da parte dell’autorità del Tesoro di beni legati ai mutui

"(3) designazione di istituzioni finanziarie come agenti finanziari del governo che eseguano tutti i ragionevoli doveri legati a questa legge, come può venire richiesto loro in qualità di agenti finanziari del governo”

Karl Denninger di Market Ticker ha riassunto bene questo fatto:
“Questa è una nazionalizzazione di fatto dell’intero sistema bancario, assicurativo e e del sistema finanziario collegato. Proprio così: ogni banca o altra istituzione finanziaria degli Stati Uniti potrebbe essere appena diventata, di fatto, un organo del governo degli Stati Uniti, se Hank Paulson lo ritiene giusto, ed egli potrebbe ordinare loro di fare virtualmente qualunque cosa egli affermi sia a compimento di questa legge... Il decreto dà a Paulson la capacità di nazionalizzare quantità illimitate di debito privato e costringere voi e i vostri figli a pagarlo”

Ancora Denninger:
“L’affermazione è che tutto ciò sia volto a ‘promuovere fiducia e stabilità’ nei mercati finanziari. Non farà nulla del genere. Incuterà invece il terrore nei cuori degli investitori di tutto il mondo in possesso di qualunque pezzo di carta, che sia un’azione ordinaria, un’azione privilegiata o un debito, di qualunque entità finanziaria che sia domiciliata negli Stati Uniti, indipendentemente da qualunque impatto potenziale delle rendite del Tesoro o della valutazione sul credito degli Stati Uniti.

Prevedo che se questa legge passerà farà precipitare la madre e il padre di tutti i panici finanziari.” (Market Ticker)

[G. W. Bush e H. Paulson]

Amen. La trasformazione da un libero mercato ad un’economia gestita da uomini il cui giudizio e la cui credibilità sono già messi in grave dubbio; non è di buon auspicio per i mercati o per il paese. Chiunque abbia un minimo di cervello, come prima cosa, lunedì, ritirerebbe i suoi investimenti e andrebbe a cercare i Campi Elisi del capitale oltremare, o nel posto più lontano possibile dallo spettacolo del circo gestito dal capo della combriccola G-Sax, il colonnello Klink.

Speriamo che il popolo americano sia di stoffa più dura del Congresso e rifiuti questa sciarada. Il discorso dovrebbe essere spostato dalla concessione di maggiore autorità agli strozzini in gessato, all’accusa di frode finanziaria. Pure la nazione in maggiore difficoltà economica dovrebbe riuscire a permettersi un po’ di catene e qualche centinaio di celle. E’ tutto ciò che serve.

Il piano di Paulson per rivitalizzare il sistema bancario è comprare centinaia di miliardi di dollari di securities poggiate su mutui (MBS) non monetizzabili, beni e altri strumenti di debito altrettanto velenosi. Egli ignora che questi complessi derivati sono già stati valutati dal mercato [“marked to market”] nella recente liquidazione della Merrill Lynch. Solo poche settimane fa la Merrill ha venduto $ 31 miliardi di queste CDO [ Collateralized debt obligations : obbligazioni di debito collateralizate] più o meno per 20 centesimi contro ciascun dollaro di valore fornendo il 75% del finanziamento, il che vuol dire che queste CDO erano in realtà valutate più o meno sei centesimi [per ogni dollaro nominale]. Se questo è l’accordo che Paulson ha in mente, allora il contribuente è proprio servito. Ma questo non ricapitalizzerà i bilanci delle banche, né cancellerà l’oceano di inchiostro rosso nei conti che sta allagando il sistema finanziario. No, Paulson ha solo l’intenzione di regalare un trattamento di lusso ai suoi amici banchieri, mentre i tassi di interesse salgono, i fondi pensione collassano, il mercato immobiliare crolla e il dollaro compie l’ultima nuotata del cigno in una piscina di lava incandescente. Grazie, Hank.

L’economista e autore Henry Liu ha riassunto l’attuale manovra in questo modo: “la Fed sta semplicemente cercando di iniettare denaro per impedire che i prezzi non supportati da fondamenti economici cadano. È la ricetta per una iperinflazione. L’unico modo per mantenere alti i prezzi di beni senza valore è quello di abbassare il valore del denaro. E questa sembra essere la strategia non dichiarata della Fed”.

Infatti. La Fed e il Tesoro hanno deciso di fare un assist all’intero sistema finanziario globale (anche le banche straniere possono accedere ai servizi della Fed!) con denaro contante che sta rapidamente perdendo il suo valore. Guardate il prossimo crollo del dollaro nel mercato valutario.

Il Congresso viene passato sotto uno schiacciasassi e il popolo americano viene preso per i fondelli. La fiducia dei consumatori, già ai minimi storici, è destinata a cadere a piedi uniti nella fossa. Qualcosa sta per cedere.

Un minuto prima tutto va bene; la crisi dei subprime è “contenuta” e “i fondamenti della nostra economia sono forti” (Paulson). Meno di una settimana dopo il Congresso, per fermare l’Armageddon economica, è costretto a rinunciare al suo mandato costituzionale di supervisionare le spese. Qual è la verità? Oppure il vero obiettivo è mantenere il paese emotivamente in bilico abbastanza a lungo perché tutto il potere statale sia fatto proprio dal Politburo di Wall Street?

Nessuno sa cosa accadrà adesso. Siamo in acque sconosciute. E nessuno sa quale sarà il panorama politico dopo che la polvere di questa oltraggiosa presa di potere si sarà posata. Secondo Paulson le cose sono messe così male che l’intera nazione sarà ridotta in macerie e metallo contorto. Ma possiamo fidarci di lui dopo la sua lunga litania di bugie?

Non è giunto il momento di ricacciare nei loro buchi gli scarafaggi e far venire quelli delle pulizie e disinfestare tutto?

Non lasciare che la prospettiva di una crisi nazionale ti porti a cedere la tua libertà, America. Le persone dietro questa truffa sono gli stessi squali e imbroglioni che hanno inquinato il mercato globale con il loro olio di serpente e i loro liquami tossici. E, soprattutto, questi sono i truffatori che hanno fabbricato la crisi. Sii decisa. Non indietreggiare. Forse le nostre basi economiche stanno crollando, ma non la nostra determinazione. Questo paese è nostro, non della Goldman Sachs. Le persone che hanno distrutto l’America devono essere messe di fronte alle loro responsabilità. Il loro momento sta per arrivare. La giustizia prima di tutto.

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com

Allargamento ad est: la Nato scherza col fuoco

Allargamento ad est: la Nato scherza col fuoco


Con la guerra russo-georgiana del mese scorso Mosca ha dimostrato che non intende continuare ad accettare ingerenze e atteggiamenti aggressivi della Nato e di Washington nel suo spazio geopolitico.
Un avvertimento che solo pochi nell’Occidente atlantico sembrano voler capire.
A questo riguardo venerdì è intervenuto l’ex cancelliere tedesco, Gerhard Schröder (nella foto), il quale ha avvertito che l’ingresso nella Nato della Georgia - insieme al suo “imprevedibile” presidente Mikhail Saakashvili - potrebbe provocare un conflitto armato con la Russia. Per maggiore chiarezza è utile ricordare che pochi mesi dopo la fine del suo mandato ha accettato la nomina della compagnia statale russa Gazprom a capo del consorzio Nord Stream AG, che si occupa della costruzione di un gasdotto che collegherà la costa russa nella regione di Vyborg alla costa tedesca nella regione di Greifswald, passando per il Mar Baltico.
“Chi sospinge la Georgia nella Nato deve sapere che - lo dirò garbatamente - alla luce della natura imprevedibile delle attuali leadership e di una politica di accerchiamento, che è sostenuta dagli Stati Uniti, la Nato potrebbe finire ottenere imbrigliata in un conflitto”, ha proseguito Schröder. “Ciò significherebbe - sia storicamente che per lo sviluppo delle future relazioni - per i soldati tedeschi partecipare a tale conflitto deve essere detto chiaramente”, ha dichiarato il membro del Partito Socialdemocratico tedesco (SPD), in un discorso ad una conferenza sull’energia.
La sua posizione è in contrasto con quella del suo compagno di partito e attuale cancelliere tedesco, Angela Merkel, che con altri membri dell’Unione europea, ha condannato la risposta militare della Russia contro l’aggressione georgiana all’Ossezia del Sud definendola sproporzionata. Schröder ha poi aggiunto che è quanto mai importante garantire l’approvvigionamento energetico dell’Europa, e che un approccio multilaterale, anche verso la Russia, è assolutamente necessario. “I piani per rendere la politica energetica uno strumento della Nato sono assurde e ci porterebbe a una situazione enormemente difficile per la sicurezza e la politica estera”, ha proseguito. innovare
La Germania importa gas dalla Russia per circa il 44%, e Schröder ha osservato che è importante che le rotte dell’energia siano rimodernate. Già in passato il politico dell’SPD aveva esortato l’Unione europea a mantenere un partenariato strategico con Mosca, sostenendo che l’Europa rischia di perdere la sua influenza se non mantiene la sua collaborazione con la Federazione.
Una risposta quella dell’ex cancelliere tedesco alle parole pronunciate giovedì dal segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, in un intervento pubblicato dal quotidiano spagnolo El Mundo, in cui ha dichiarato che l’Europa e gli Stati Uniti non permetteranno a Mosca di porre il veto all’ingresso della Georgia e dell’Ucraina nella Nato.
“Nello stesso tempo, gli Stati Uniti e l’Europa sostengono inequivocabilmente la sovranità, l’indipendenza e l‘integrità territoriale dei vicini della Russia”, ha aggiunto la Rice.
Il segretario di stato Usa ha sottolineato poi che questo messaggio è stato trasmesso in modo molto chiaro anche ai sodali ucraini del fronte filo-atlantico.
E a conferma che gli interessi imperiali di Washington e dei suoi sudditi nel Caucaso e nell’Europa centro-orientale continuano ad avere la meglio su quelli della pace e della cooperazione con Mosca, sia Praga sia Varsavia hanno rifiutato l’ipotesi di ospitare la presenza permanente dei russi presso le basi dello scudo antimissile nei due Paesi. La nota del Ministero degli Esteri ceco è stata diffusa dopo l’incontro a Praga fra il vice ministro degli Esteri ceco, Tomas Pojar e la sua controparte polacca, Przemyslaw Grudzinski. E per dimostrare quanto è importante e infinita la sudditanza di questi Paesi sono giunte da Varsavia le dichiarazioni del ministro della Difesa polacco, Bogdan Klich, il quale ha sostenuto di non essere assolutamente preoccupato per le decisioni del Congresso Usa di ridurre drasticamente i fondi per la realizzazione dello scudo spaziale da dislocare in Polonia e Repubblica Ceca, in chiave antirussa. La notizia è stata diffusa dall’agenzia di stampa polacca PAP.

di Andrea Perrone

Crack bancario, crack sociale

Io ti presto 100, tu per sdebitarti mi dovrai restituire 105. E’ il meccanismo della creazione del debito l’origine della fortuna del capialismo, padre di un sistema ormai al collasso.

Le banche americane intrise di false scritture contabili che falliscono e che si fondono preannunciano scenari dagli esiti imprevedibili. La Federal Reserve sta seriamente pensando di lasciar cadere le banconote sulle città dagli elicotteri. Tutte le borse del mondo, a parte quelle cinesi e russe, chiudono con ribassi da brivido. Negli ultimi 2 giorni nelle borse europee sono andati in fumo 250 miliardi di euro. Secondo le stime della Bce ci rimangono 1000 euro a testa. Significa che, calcolando la media dei depositi liquidi nelle banche in rapporto ai clienti, ogni correntista che ritira tutto il contante dal proprio conto corrente ne lascerà altri 50 senza soldi.

Con un’inflazione reale che in Italia sta sfiorando il 20% tutto dipenderà da come si comporta la gente. Secondo le ultime stime della Fao e’ salito a 923 milioni il numero delle persone affamate nel mondo, col peggior balzo in avanti della storia tra il 2005 e il 2007, quando l’aumento aveva riguardato “solo” 75 milioni di persone. Sono sempre di più gli italiani in fila alla Caritas per un pasto caldo. L’aumento dei prezzi dei beni al consumo non si arresta. Pane, pasta ed energia elettrica stanno diventando primizie per pochi.

Dalle masse povere e poverissime dipenderà l’equilibrio e l’eventuale degenerazione sociale, che potrebbe tramutarsi in guerra civile col saccheggio di negozi e centri commerciali.

La disinformazione e le idiozie di Tremonti che dipinge un’Italia forte che non sarà investita dal crack che si è innescato negli Usa, sono la morfina che calma con un cerottino l’emorragia dell’elefante.



La conclusione di questo sistema fittizio creato sull’illusione che per anni ha avvantaggiato gli speculatori a danno delle economie locali è ormai iniziata.

Per il ricambio del sistema, che molto probabilmente costerà carestie e vite umane, è solo questione di tempo.

Qualche informazione utile in più la potete trovare sul sito degli studi monetari di cui fa parte da anni Marco Saba, la persona interpellata nell' INTERVISTA VIDEO, già ospite a “L’Espresso” per illustrare i buoni di solidarietà Scec.

Per il resto, sempre che non avanzi il peggio, si salvi chi può.

di Daniele Martinelli

27.9.08

Il crack americano



Con il sistema finanziario internazionale in ginocchio, da giorni gli addetti ai lavori si chiedono che cosa stessero facendo le autorità di vigilanza americane mentre il mercato veniva sistematicamente imbottito di carta straccia. In particolare la tanto rinomata Federal Reserve, ultimamente tanto attiva nel distribuire soldi a destra e manca per fermare l'emorragia, dov'è stata per tutti questi anni?

Il resto di noi si pone invece una domanda più terra terra: di chi è la colpa? Il Sole 24 Ore ha voluto ricostruire le origini e il decorso di questa crisi nel tentativo di trovare risposta a questi interrogativi. E, laddove possibile, puntare il dito su chi ha specifiche responsabilità.

LA COLPA ORIGINALE
Il primo nome che merita di essere fatto è quello di Phil Gramm, oggi principale consigliere economico di John McCain e ritenuto papabile per il ruolo di Segretario del Tesoro in un'eventuale amministrazione repubblicana. Dieci anni fa, Gramm era in Congresso dove occupava la poltrona di presidente della "Commissione banche, edilizia e affari urbani" del Senato. Non era mai stato un fan della regulation.

E si adoperava come nessun altro politico perché il sistema finanziario Usa fosse il meno regolato possibile ( negli anni la comunità finanziaria americana lo ha ringraziato con contributi elettorali per un totale di 4,6 milioni di dollari). La sua più grande vittoria politica la ottenne il 12 novembre 1999, quando venne ratificato dal presidente Clinton il Gramm-Leach-Bliley Act, la più radicale riforma bancaria dagli anni della Depressione.

Commentando quella legge, il governatore della banca centrale Laurence Meyer parlò all'epoca di dispositivi "Fed-light". E cioè di una regolamentazione molto più soft di quella precedente. Pur confermando il ruolo che aveva la Federal Reserve di supervisore supremo sul sistema finanziario, la legge ne limitava significativamente il potere di controllo su soggetti come le banche di investimento e gli istituti di credito ipotecario i cui organi di controllo primari erano la Security Exchange Commission (la Consob americana) e i singoli Stati.

Alcuni mesi dopo, Gramm riuscì a imporre il suo punto di vista anche sul mercato delle commodities, inserendo nella finanziaria del 2000 un emendamento di 262 pagine, il Commodity Futures Modernization Act, che deregolamentava il trading di derivati. In particolare il trading di Credit Default Swap, o Cds, contratti privati tra controparti che scommettono, l'una contro l'altra, sulla probabilità di default di un debitore.

Seppur creati per fornire una protezione da un rischio, i Cds avevano un enorme potenziale speculativo perché potevano essere utilizzati anche per scommettere su un evento catastrofico altrui. In questo secondo scenario, un prodotto nato per ridurre il rischio speculativo poteva diventare un acceleratore di quel rischio e quindi un elemento di forte squilibrio e distorsione del mercato. Con l'emendamento di Gramm, il trading di Cds non avrebbe più avuto supervisione alcuna. Né da parte della Sec, né della Commodity Futures Trading Commissione, né dal Tesoro. Né tantomeno della Fed.

IL CREDITO FACILE
E veniamo agli anni di George W. Bush. Il 18 giugno 2002, il successore di Clinton annunciò la propria intenzione di allargare il mercato dell'acquisto della prima casa a chi aveva redditi bassi e alle minoranze: «Diventare proprietari della propria casa è un modo di realizzare il sogno americano, e io voglio estendere il sogno a tutto il Paese», disse Bush.

Scendendo nei dettagli, aggiunse: «La gente spesso vorrebbe comprare una casa, ma non ha soldi per l'anticipo. E a questo c'è rimedio... Altro problema: i contratti sono troppo complicati. La gente è scoraggiata da tutte quelle clausole. Ci sono troppe parole! Quindi faremo sì che venga semplificata la documentazione richiesta ... Infine, abbiamo bisogno di maggiori capitali per gli acquirenti a basso reddito. E sono oggi fiero di annunciare che Fannie Mae ha recepito questo bisogno ... e che anche Freddie Mac è disposto a fare la sua parte».Da parte sua,l'opposizione non aveva interesse a mettersi di traverso: i democratici non potevano infatti ostacolare una politica che dava accesso alla casa ai ceti meno abbienti.

In quel momento, il sistema finanziario e l'economia americana stavano riprendendosi da due durissimi colpi: lo scoppio della bolla di internet che nel corso dei due anni precedenti aveva bruciato circa 3mila miliardi di dollari di valore in Borsa, e l'attacco dell'11 settembre. La scelta di Bush fu quella di assicurare la crescita economica sostenendo i consumi. «In un modello di bassi salari come era quello americano, il sostegno al consumo poteva venire solo in un modo: con il credito. Ed è proprio grazie alla politica creditizia di manica larga fatta dalla Fed fino al 2004 che si spiega buona parte del differenziale di crescita tra Usa ed Europa », dice un ex banchiere centrale europeo oggi al vertice di una grande banca.

Il 2002 è anche l'anno dell'esplosione delle emissioni delle cosiddette asset-backed securities (Abs), cioè titoli garantiti da pacchetti di prodotti sottostanti, per lo più prestiti. In particolare parliamo delle cartolarizzazioni di mutui residenziali con le quali le banche commerciali cominciarono a cedere il controllo del credito immobiliare a Wall Street, dove però non c'era lo stesso grado e soprattutto la stessa qualità di sorveglianza. E dove, in seguito anche alla riforma di Gramm, la Fed non aveva compiti di vigilanza.

«Per l'amministrazione Bush, le cartolarizzazioni rappresentavano una sorta di quadratura del cerchio, perché permettevano di aumentare il credito senza mettere a rischio le banche, le quali non avevano più incentivi per essere selettive con i debitori. I rischi dei mutui venivano infatti trasferiti agli investitori, inclusi quelli stranieri», aggiunge l'ex banchiere centrale. «Oltre a esternalizzare il rischio, in questo modo l'America riusciva anche a finanziare i propri consumi con i capitali delle banche e degli investitori stranieri».

IL NUOVO MODO DI FARE BANCA
A partire dal 2002, con il boom di securities di seconda o terza generazione,e cioè dei cosiddetti derivati sintetici, sempre più lontanamenti imparentati con i mutui originali, come le Collateralized debt obbligation (o Cdo) e i già citati Credit default swap, le cartolarizzazioni si affermarono come un nuovo modo di fare banca. «A fronte di strumenti finanziari e modelli di business nuovi- con le banche che originavano e distribuivano anziché originare e tenersi il rischio - il sistema di vigilanza Usa avrebbe dovuto adeguarsi, chiedere maggiori requisiti di capitale, creare un mercato ad hoc per gli Abs con requisiti/margini di liquidità minimi.Invece sono mancati screening periodici forti sul cosiddetto liquidity gap, i controlli sugli erogatori del credito e i cosiddetti stress test.In pratica non sono stati adottati segnali d'allarme», commenta il dirigente di un'agenzia di vigilanza europea.

Per i primi anni tutto filò comunque liscio. Anzi, sembrava una sorta di magico circolo virtuoso in cui ognuno avrebbe solo guadagnato: i cittadini non abbienti compravano casa pur non avendone i mezzi, i broker che avevano piazzato i mutui guadagnavano più commissioni, i grossisti che rastrellavano mutui facevano più profitti, le case d'investimento che impacchettavano e cartolarizzavano- i cosiddetti arranger- incassavano fee da favola, i reimpacchettatori ne percepivano altre ancora maggiori e gli investitori si trovavano a disposizione prodotti specialistici molto redditizi su cui investire a seconda delle loro esigenze, con efficienze prima impensabili (per esempio, le società di assicurazione con polizze a 30 anni potevano comprarsi prodotti contenenti solo mutui dello stesso periodo).

L’INSOSTENIBILITÀ DEL MODELLO
In realtà, nel medio e lungo termine, il modello di business era insostenibile. Perché il pool di mutui di qualità era limitato, mentre Wall Street aveva un continuo bisogno di volumi sempre maggiori di materia prima- cioè nuovi mutui ipotecari. La fortissima domanda portò a una rapida riduzione della qualità della materia prima. Finché, a partire dal 2005, si cominciò ad alimentare la rete di rifornimento finanziario con mutui sempre più " tossici". «Il vintage, e cioè l'anzianità dei mutui sottostanti, è un indicatore di qualità. Le securities con vintage precedente al 2005 sono le migliori. Dopo il 2005 si trova invece paccottiglia di ogni genere»,spiega l'ex banchiere centrale.

A contribuire all'aumento della "tossicità" dei mutui fu anche un altro sviluppo nella po-litica di de-regolamentazione finanziaria di Bush. Il 7 gennaio 2004 l'Office of the Comptroller of the Currency, la branca del Dipartimento del Tesoro che governa le banche, aveva deciso che le banche multistatali sarebbero state esentate dalle normative statali contro il "credito predatorio". Già allora ci fu chi lo ritenne un invito all'abuso.E gli abusi prontamente arrivarono. Anche perché, proprio quell'anno, la Federal Reserve aveva cominciato a rialzare il tasso di sconto.

ENTRANO IN CIRCOLAZIONE I MUTUI PEGGIORI
Cominciarono a diffondersi mutui con teaser rate, tassi-civetta che iniziano molto bassi ma poi esplodono,mutui low-doc oppure nodoc, la cui istruttoria era fatta con scarsa documentazione o addirittura senza alcuna documentazione ( che passarono dal 28% del totale dei sub-prime nel 2001 al 50% nel 2006). Peggio ancora:arrivarono i mutui con l'opzione di non pagare né interessi né capitale per i primi due o tre anni.

«Il cuore della vigilanza è il controllo dell'attività di credito, per assicurarsi che le banche facciano un corretto processo di affidamenti valutando le iniziative buonee dando credito a chi ha la possibilità di rimborsarlo. Invece su questo fronte, non venne fatto proprio niente», commenta l'ex banchiere centrale.

Essendo latitante la vigilanza sul credito ipotecario (perché gli Stati non avevano una visione globale e la Fed era stata tenuta fuori), cominciarono a entrare in circolo pacchetti all'ingrosso con mutui a orologeria che raggiungevano l'80%del totale.Ma per gli arranger cambiava poco. L'importante era avere nuova materia prima da trasformare in prodotti lavorati da immettere nel mercato.

C'è da dire che in quella lavorazione si cimentavano alcune delle migliori menti matematiche al mondo, che costruivano modelli di finanza quantitativa molto complessi con sofisticate miscele di diversificazione intese a ridurre il rischio. In più, non ci fu mai alcuna negligenza o disinformazione nella presentazione al mercato del prodotto: era detto apertamente che il sottostante era fatto di mutui subprime.

A presentare come buoni quei lavorati, erano le più grandi agenzie di rating al mondo. «Il classico specchietto per le allodole era la tripla A delle agenzie di rating»,spiega l'ex banchiere centrale. «E ad assegnarla non erano le case d'investimento.Erano le agenzie di rating». E qui il pensiero va subito al conflitto d'interessi intrinseco nel meccanismo di compen-sazione delle tre grandi agenzie: a pagare Moody's, S&P e Fitch per il loro lavoro di rating erano infatti gli stessi arranger che dovevano piazzare il prodotto sul mercato.

Ma occorre anche dire che quei rating non venivano assegnati al buio. Erano il frutto di modelli storico-matematici dai quali risultava estremamente improbabile che si verificasse una percentuale di insolvenza dei mutui sottostanti necessaria per intaccare l'investimento. Che in questo caso invece superava il 15% del totale su pacchetti sempre meticolosamente diversificati. Storicamente non era mai successo che si superasse quel tetto di insolvenza. Il problema era che, storicamente, le istruttorie sui mutui erano sempre state molto più selettive. «Venendo meno la qualità delle istruttorie sono saltati anche i modelli matematici»,dice l'ex banchiere centrale.

A fornire comunque un'ulteriore garanzia sullaqualità dei prodotti erano case d'investimento terze o società di assicurazione, come la Aig. In caso di default se ne sarebbero insomma fatte carico loro. «Il fatto che società come Aig non esitassero a sostenere quei prodotti, segnalava al mercato che il loro rischio era limitato », osserva uno dei maggiori avvocati d'affari americani che preferisce non essere citato.

IL BOOM DEL 2006
Nel 2006, grazie anche a queste securities (che arrivarono a rappresentare il 33% del reddito totale, contro il 13% del 2000), le cinque grandi case d'investimento di Wall Street - Merrill Lynch, Bear Sterns, Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan Stanleydichiararono profitti per 130 miliardi di dollari. Altrettanto da record furono i compensi dei loro amministratori delegati.Solo per parlare delle banche ormai defunte: Stanley O'Neal,di Merrill Lynch,portò a casa 47,3 milioni di dollari, James Cayne, di Bear Sterns, 14,8 milioni e Richard Fuld, di Lehman, 10,9.

«Io non ho mai avuto la sensazione che a Wall Street avessero subodorato che c'era qualcosa che non andava nei sottostanti. Erano troppo lontani dall'erogazione dei mutui subprime per accorgersene», aggiunge l'avvocato d'affari. «Sono convinto che le grandi case di investimento non sapessero di vendere immondizia ». La nostra inchiesta ci porta a confutare questa valutazione. Non tanto perché chiunque avesse analizzato il mercato dei mutui avrebbe visto che dopo il 2004 i fondamentali non quadravano più: i dati economici dicevano che i redditi stavano scendendo mentre i tassi stavano aumentando,com'era quindi possibile che la generazione di nuovi mutui per la prima casa non desse segno di rallentamento?

L'INTEGRAZIONE VERTICALE
A contraddire l'avvocato d'affari è piuttosto il grado di integrazione verticale che abbiamo scoperto esserci stato tra gli originator sul campo- cioè i fornitori dei mutui- e gli arranger a Wall Street. Nel corso degli anni del boom di queste cartolarizzazioni, tutte le case d'investimento si erano messe in pancia istituti specializzati proprio nella lavorazione all'ingrosso di mutui subprime. Lehman aveva comprato Harbourton Mortgage Investment Corp, BNC Mortgage Inc e Finance America LLC. Bear Sterns aveva preso EMC Mortgage Corp e Encore Credit Corp. Merrill Lynch aveva acquisito First Franklin Financial Corp, Nation Point e National City Home Loan Services.

A spiegare i motivi di queste acquisizioni è l'analista finanziario Jeffrey Levine,di Milestone Advisors: «Primo,servivano a garantire una fonte di produzione di materia prima per le cartolarizzazioni. Secondo,a intascare anche i profitti dei fornitori. Terzo,ad avere market intelligence per lo sviluppo di nuovi prodotti ».

L'ironia è che nella stessa documentazione depositata presso la Sec, abbiamo trovato prove dell'integrazione tra originator e arranger. Nel bilancio annuale depositato nel 2006 da Fremont General, uno dei più grossi istituti di credito a orologeria del Massachusetts, si legge:«La società ha cercato di massimizzare i profitti... monitorando attentamente i requisiti richiesti dagli acquirenti istituzionali dei mutui, dalle agenzie di rating e dagli inve-stitori. Ci siamo conseguentemente focalizzati su attività di produzione dei tipi di mutui che meglio rispondevano a quei requisiti».

La conferma più esplicita è venuta da William Dalls, amministratore delegato di Ownit, il quale ha dichiarato al New York Times che gli investitori istituzionali- e Merrill Lynch in particolare - avevano specificatamente chiesto di offrire più mutui low-doc,dicendogli che se non lo avesse fatto avrebbe perso grosse opportunità di profitto.

Continuando a salire nella catena di alimentazione, si nota che le banche di investimento erano anche proprietarie di Special Purpose Entity, cioè quei veicoli speciali registrati sotto forma di trust ai quali venivano conferiti pacchetti di mutui contro i quali emettere le obbligazioni. Il Sole 24 Ore ha appurato che, nel singolo mese del 2005,due veicoli di Lehman cartolarizzarono mutui residenziali per 1.268 milioni di dollari, un veicolo di Merrill Lynch cartolarizzò 1.358 milioni di dollari e uno di Bear Sterns altri 557 milioni. Insomma, con questo grado di integrazione verticale, non si può non attribuire specifiche e dirette responsabilità della crisi a Wall Street.

IL CRACK
La miccia fu l'impennata delle insolvenze e dei pignoramenti registrata nel corso del 2006. All'inizio del 2007 crollarono poi una ventina di istituti di credito specializzati in subprime. A quel punto si aggiunse l'effetto moltiplicatore delle scommesse al ribasso degli hedge fund. «Nei primi mesi del 2007 cominciammoa vedere i primi segnali preoccupanti», spiega l'ex banchiere centrale.«Nei nostri risk meeting interni notammo un maggior tasso di insolvenza e un allargamento degli spread. Allora iniziammo a mollare la posizione e uscire il più possibile dalle cartolarizzazioni ».

Dalle tesorerie delle grandi banche l'allarme si diffuse sul mercato, che smise di sottoscrivere. Il disimpegno degli investitori e il diffondersi dell'incertezza sull'entità e la distribuzione delle perdite nel sistema finanziario, provocò un'impennata della domanda di liquidità che fece schizzare ancora più in alto gli spread. Con il mercato bloccato, le cinque case d'investimento, e Merrill Lynch in particolare, si trovarono in portafoglio grosse quantità di semilavorati che dovevano essere ancora assemblati - prodotti di pessima qualità a fronte dei quali non potevano fare più funding. Tentarono di ricorrere al mercato interbancario per rifinanziare gli attivi immobilizzati, ma invano.

Il contagio ha poi raggiunto il mercato dei Credit default swaps, nel frattempo schizzati a 62mila miliardi di dollari di valore nozionale ( contro i 144 miliardi di 10 anni fa). E chi era uno dei più attivi player in questo mercato? Aig,che tra l'altro era anche garante di molte securities di Lehman.

E adesso? Quanto è stato intaccato il ruolo di riferimento delle autorità americane per il resto del mondo? «La reputazione del sistema di vigilanza ne ha sicuramente risentito, soprattutto perché gli americani sono sempre stati all'avanguardia», conclude il dirigente dell'agenzia di vigilanza europea. «Con questa crisi la loro credibilità si è a mio parere dimezzata».

La finanza araba alla conquista di Europa e Stati Uniti





L’ultimo investimento degli sceicchi non è passato inosservato. La squadra di calcio Manchester City è stata comprata dalla società di investimento Abu Dhabi United Group per 250 milioni di euro. La stampa britannica ha parlato molto della recente acquisizione, poiché all’arrivo dei nuovi proprietari ha fatto seguito un altro evento straordinario, l’acquisto del giocatore Robinho per la cifra di 40 milioni di euro, la somma più alta mai pagata per un trasferimento nel calcio inglese. Il gruppo di Abu Dhabi non si limiterà solo a sanare i debiti della società, è intenzionata a comprare presto i migliori giocatori per formare la squadra più forte del mondo. L’artefice dell’investimento è il giovane Sulaiman Al Fahim, amministratore delegato della società di costruzioni Hydra Property. “Nei prossimi quattro mesi rinforzeremo il City in modo tale da renderlo irriconoscibile”, così ha dichiarato il nuovo presidente. Nessun acquisto sembra ora impossibile per il club calcistico più ricco del mondo.

L’ingresso di una compagnia araba nella Premier League inglese è solo uno dei più recenti acquisti condotti in Europa dai capitali del Golfo Persico. Negli ultimi anni società e fondi d’investimento arabi hanno rilevato di continuo quote di importati società e di listini di borsa. Secondo gli analisti economici, tali mosse servono per connettere le piazze d’affari del Medio Oriente con i più importanti mercati finanziari mondiali. Infatti, quando nel mese di giugno la borsa del Qatar ha stretto un accordo con il gruppo Nyse Euronext, holding alla quale appartiene la borsa di New York, il primo ministro qatarino Hamad bin Jassem al-Thani ha commentato così l’affare: “I nostri mercati finanziari faranno parte integrante di un gruppo che collega insieme i maggiori centri finanziari mondiali attraverso Europa e Stati Uniti ed ora anche attraverso il Medio Oriente”.

I capitali arabi sono sempre più interconnessi alle borse mondiali grazie ai numerosi investimenti condotti nelle compagnie statunitensi ed europee. Quando nel marzo 2006 la società Dubai Ports World comprò la britannica P&O, colosso mondiale nel settore portuale, la polemica politica negli Usa fu accesa. Una conseguenza dell’acquisizione sarebbe dovuto essere il controllo da parte della società araba dei maggiori porti della costa atlantica americana. L’arrivo del capitale di Dubai fu visto allora come un “problema di sicurezza nazionale” e il governo dovette bloccare l’investimento degli arabi relativo ai porti americani. Quella polemica è stata però un eccezione poiché, dal 2006 fino ad oggi, le società del Golfo Persico hanno compiuto senza ostacoli molte acquisizioni. Negli Stati Uniti e in Europa hanno portato ingenti liquidità, denaro che è stato accolto senza alcun rifiuto.

Un colosso finanziario che ha investito in società straniere è il fondo sovrano dell’emirato di Adu Dhabi, la Mubadala Development Company. Sono numerose le sigle che fanno parte del suo portafoglio, quote diffuse in molti settori. Il fondo dell’emirato è presente nei capitali di influenti compagnie americane in quanto possiede l’8% della Amd, la società che produce processori per computer, ha acquistato il 7,5% della Carlyle Group, l'importante firma del private equity, e ha stretto una joint venture con la General Electric. La Mubadala in Olanda ha investito nel settore automobilistico ottenendo il 17% della casa Spyker Cars e il 25% della LeasePlan Corporation, società di noleggio auto. In Italia ha comprato il 2% di Mediaset e il 35% di Piaggio Aero, l’azienda ligure di aeronautica.

L’acquisto che ha reso noto il fondo Mubadala nel nostro paese è però la quota del 5% nella Ferrari e la progettazione di un parco tematico dedicato alla casa di Maranello, Ferrari World, che sorgerà ad Abu Dhabi. Il fondo sovrano nel settore aeronautico ha stretto un accordo di collaborazione con il colosso aerospaziale statunitense Northrop Grumman e, nel campo dell’aviazione civile, è diventato azionista di maggioranza della SR Technics, società svizzera di manutenzione aerei. Per lo sviluppo edile della città di Abu Dhabi la Mubadala ha avviato legami con famose sigle straniere. Assieme all’americana Mgm Mirage, società che gestisce numerosi hotel a Las Vegas, sta progettando un MGM Grand Abu Dhabi. Inoltre si è rivolta all’Imperial College London e alla Cleveland Clinic per la realizzazione di moderne strutture ospedaliere.

Il governo di Abu Dhabi infatti, per arricchire la città con edifici capaci di attirare l’attenzione internazionale, ha stretto affari con celebri nomi, luoghi simbolo della cultura mondiale. Nell’emirato é già attiva una sede dell’università francese Sorbonne. Nell’area di Saadiyat Island, l’isola della felicità, sorgerà poi il più grande fra tutti i musei Guggenheim e sarà costruito il secondo museo Louvre. Quest’ultimo accordo è stato stipulato nonostante che in Francia oltre 5000 intellettuali abbiano firmato una petizione dal titolo “I musei non sono in vendita”.

Con i fondi degli emirati del Golfo però niente sembra impossibile. Anche i simboli della cultura america posso essere comprati con facilità, come è avvenuto lo scorso luglio quando la Abu Dhabi Investment Council è diventata la proprietaria del Chrysler Building, lo storico grattacielo di New York. La concorrenza degli arabi sta arrivando anche in un settore nel quale gli Usa sono leader mondiali, l’industria dei media. In futuro non ci sarà solo Hollywood ad ospitare le produzioni cinematografiche. La Abu Dhabi Media Company ha comprato quote della Warner Bross e, per la coproduzione di film, ha fondato la società Imagination Abu Dhabi, mentre nella vicina Dubailand è in programma la costruzione degli Universal Studios Dubai.

L’attenzione degli economisti è stata attirata proprio dai molti investimenti provenienti dagli Emirati Arabi Uniti verso le grandi compagnie americane. Lo scorso anno la Abu Dhabi Investment Authority ha rilevato il 4,9% di Citigroup, azienda in difficoltà dopo la crisi dei mutui subprime. Il colosso bancario ha gradito l’arrivo di 7,5 miliardi di dollari, somma che rappresenta il secondo investimento arabo nella compagnia poiché anche il principe saudita Walid bin Talal possiede una quota vicina al 5%. Il governo di Abu Dhabi ha inoltre stretto joint ventures con giganti del settore energetico come Exxon Mobil e Shell.

Un altro colosso finanziario proveniente dal Golfo Persico che ha avviato acquisizioni all’estero è il fondo sovrano Dubai International Capital, uno dei rami della Dubai Holding. Negli ultimi anni ha comprato il 4,9% della Sony, prima compagnia nel mondo per l’elettronica di consumo, e il 9,9% di Och-Ziff Capital Management Group, società americana che gestisce investimenti. Il fondo arabo ha rilevato quote di importati società come la banca inglese Hsbc, il gruppo automobilistico DaimlerChrysler, il gruppo produttore di componenti per la meccanica Doncasters Plc e gli alberghi dell’inglese Travelodge Hotels. Nel settore dell’aeronautica la Dubai International Capital è fortemente entrata nel mercato mondiale acquistando il 3,12% di Eads, il colosso aerospaziale europeo che controlla il consorzio Airbus. Quest’ultima società si è mostrata interessata all’affare poiché uno dei suoi maggiori clienti è proprio la Emirates, compagnia che le ha commissionato 55 velivoli del modello A380, il nuovo aereo di lusso con suites, letti e docce.

Non solo Abu Dhabi e Dubai sono i protagonisti di tali manovre economiche, anche i vicini stati si muovono nella medesima direzione. La Qatar Investment Authority ha acquistato il 5% della banca svizzera Credit Suisse e quote del gruppo finanziario Barclays, mentre il fondo sovrano del Kuwait è entrato nel capitale del colosso americano Merrill Lynch. I mercati finanziari del Golfo Persico sono dunque sempre più interconnessi alle piazze d’affari mondiali. Il fenomeno è stato reso evidente in particolare quando lo scorso anno la borsa di Dubai ha acquistato il 28% del Nasdaq e nello stesso periodo la Qatar Investment Authority ha rilevato il 20% della borsa di Londra e il 9,98% di Omx, la società che gestisce i listini azionari dei paesi scandinavi e baltici.

Per le piazze d’affari i capitali dei paesi del Golfo Persico sono ovunque benvoluti. Soprattutto negli ultimi tempi di crisi finanziaria negli Stati Uniti e in Europa, dopo il crollo dovuto ai mutui subprime, le recenti nazionalizzazioni di Fannie Mae e Freddie Mac e la bancarotta della Lehman Brothers, il bisogno di liquidità sembra oggi più che mai una risorsa essenziale. “Una boccata d’ossigeno”, proprio così molti analisti hanno definito ogni investimento proveniente dal Medio Oriente. E se senza ossigeno non si può vivere, probabilmente in futuro crescerà sempre di più l’influenza di banche e fondi del Golfo Persico sull’economia mondiale.



di Marco Montemurro