All'inizio di settembre un articolo del giornale svedese Aftonbladet aveva scatenato una crisi diplomatica tra Svezia e Israele. Nell'articolo i parenti di un palestinese denunciavano che gli israeliani avevano restituito il cadavere del loro caro dopo averne prelevato degli organi e che il loro caso non era unico.
Immediatamente da Israele si alzò un fuoco di sbarramento feroce che definì "antisemita" il giornale, la Svezia e chiunque prestasse orecchio ad accuse immaginarie. Oggi invece sappiamo che le "l'immaginario furto d'organi" è stata pratica comune in Israele per oltre dieci anni. A ridurre, solo parzialmente, l'orrore si è venuto a sapere che l'istituto forense israeliano Abu Kabir, non ne faceva questione di nazionalità, rubava gli organi senza consenso sia ai cadaveri dei palestinesi che a quelli degli israeliani che transitavano dalla struttura per le autopsie. L'istituto era l'unico istituto di medicina legale del paese ed è al centro di un clamoroso scandalo che riguarda proprio un traffico internazionale d'organi a pagamento (nelle foto la retata negli Stati Uniti).
Alcuni parenti di soldati israeliani morti hanno fatto causa all'istituto fin dal 2001, possibilità per ora negata ai parenti delle vittime palestinesi, perché gli espianti sui palestinesi erano negati dl governo israeliano. Il dottor Hiss, nonostane le pesantissime accuse che comprendevano altre irregolarità (tra le quali una collezione di teschi umani e l'aver taroccato l'autopsia di Rabin), è stato assolto da ogni accusa e protetto dal governo, motivo dell'assoluzione è che Hiss non avrebbe tratto profitto dai suoi reati, perché "il suo unico interesse era l'avanzamento della ricerca scientifica". Una giustificazione ccettabile e imbarazzante che si è già sentita nel passato, Hiss continua ancora oggi a lavorare come patologo nella stessa struttura e il governo, difendendolo, ne ha condiviso implicitamente l'operato.
L'ammissione è contenuta in una intervista del 2000 all'allora capo dell'istituto Jehuda Hiss, al canale televisivo israeliano Channel 2 TV, intervista che poi non è mai stata mandata in onda, conservando il segreto su questo modo criminale di procedere fino a ieri. L'intervista è andata in onda questo fine settimana e non perché in Israele si stia decidendo una nuova e discussa disciplina dei trapianti, per la quale i donatori di organi acquisirebbero la precedenza nei trapianti sui non donatori.
È stata Nancy Sheppard-Hughes, l'accademica statunitense che aveva intervistato il professor Hiss nel 2000, a decidere di rendere pubblica l'intervista proprio per la delicatezza delle questioni sollevate dall'articolo di Aftombladet. Secondo Sheppard-Hughes l'intervista dimostra che non esisteva un accanimento razzista sui corpi dei palestinesi, ma non si può mancare di notare che nell'esercitare la pratica sui palestinesi i medici israeliani hanno infranto leggi e norme che vanno oltre la deontologia professionale, visto che Israele non poteva esercitare alcuna sovranità sui corpi degli "stranieri" e ancora meno su quelli dei nemici uccisi in combattimento o durante i numerosi episodi di repressione ai danni della popolazione palestinese. Al seguito dell'intervista nessuno ha più avuto il coraggio di smentire nulla, anche perché è arrivata anche la stringata ammissione ufficiale dell'esercito "quelle pratiche hanno avuto luogo" a mettere la parola fine sulla questione.
Se il furto d'organi avesse interessato solo i corpi di cittadini israeliani lo scandalo avrebbe avuto una dimensione esclusivamente nazionale, ma ora che si è saputo che il traffico si estendeva ai corpi dei palestinesi la questione diventa un problema di natura necessariamente internazionale e chiama in causa le responsabilità dei vertici del governo israeliano. Responsabilità relative a crimini gravissimi compiuti nei confronti di una popolazione sotto regime d'occupazione militare, ce n'è abbastanza per un'altra causa per crimini di guerra contro i governi israeliani dell'epoca.
Uno scandalo e un colpo all'immagine che non potrà certo risolversi dando dell'antisemita a caso, ma anche una rivincita del quotidiano a del giornalista svedese che a settembre erano finiti nella bufera, costretti poi a precisazioni pelose per quietare l'assalto della propaganda israeliana e deflettere l'accusa di antisemitismo, portata rabbiosamente e a gran voce da blog e testate filo-israeliane, arrivando a parlare di "matrimonio all'inferno" tra l'Aftonbladet e Hamas. In Italia non era andata molto meglio e nessun politico aveva difeso il diritto di cronaca di fronte alla furia dei soliti noti, che erano giunti a chiedere il boicottaggio dell'IKEA contro i cattivi antisemiti.
Oggi, mentre Google News restituisce oltre un migliaio d'articoli sulla clamorosa conferma, la versione italiana offre solo sei risultati, nessuno dai maggiori quotidiani e nessuno che ricordi l'iniziativa di Fiamma Nirenstein (deputata del PDL con cittadinanza israeliana) che da sola causò un piccolo incidente diplomatico tra Italia e Svezia, approfittando della sua posizione in Commissione Esteri per dare dell'antisemita agli svedesi in nome del governo italiano. Nessuno è corso neppure ad intervistare il ministro degli esteri Frattini, che aveva dismesso come false le notizie pubblicate da Aftonbladet.
Ancora una volta l'uso sistematico dell'accusa di antisemitismo da parte della propaganda israeliana si è rivelato efficace nel ridurre al silenzio le voci critiche con Israele, ma ancora una volta l'accusa si è dimostrata falsa, un'offesa e un insulto alla verità. Chi non ha ragioni da opporre, può ricorrere solo all'insulto, da tempo Israele è ridotto a poter usare solo l'espediente dell'accusa di antisemitismo perché di ragioni nel reprimere e cacciare i palestinesi nei territori, etiche o legali che siano, non ne ha più alcuna.
by Mazzetta
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