24.6.07
Orwell docet in Palestina: Fatah=CIA
Fatah: lavorava per Israele, ecco le prove
PALESTINA - Oggi Hamas non ha pane per sfamare la gente di Gaza.
Ma ha molte più armi: 7.400 fucili americani d'assalto M-16, decine di mitragliatrici montate su automezzi, lanciarazzi tipo RPG, 800 mila proiettili, 18 veicoli corazzati portatruppe USA, 7 jeep corazzate.
Inoltre: 14 bulldozer di tipo militare del genere usato da Tsahal per abbattere le case palestinesi, ed otto grossi camion portanti cannoni ad acqua per disperdere la folla.
Tutto materiale preso a Fatah, dopo aver fatto irruzione nei quartieri della security di Fatah la settimana scorsa.
Valore: sui 400 milioni di dollari. Dono del contribuente degli Stati Uniti.
Con le armi, gli armati di Hamas hanno messo le mani su qualcosa di ancor più preoccupante: computer e documenti della CIA contenenti «informazioni sulla collaborazione tra Fatah e gli enti di sicurezza israeliani e americani; istruzioni CIA di come prevenire attacchi e contrattaccare; su come smantellare le cellule di Hamas; progetti di assassinio di membri di Hamas da parte di membri di Fatah; e studi americani sulla situazione di sicurezza a Gaza».
Così Aaron Klein, corrispondente ebreo del sito neocon WorldNet Daily.
Dunque è provato: Mahmoud Abbas, il presidente di Fatah preferito da Washington, aveva ricevuto dagli USA i mezzi per il colpo di Stato, onde distruggere Hamas, il governo eletto dai palestinesi.
Robert Baer, ex responsabile CIA per il Medio Oriente, è sicuro: la scoperta documentale della strettissima collaborazione di Fatah con la CIA è «un grave colpo» per l'Autorità Palestinese sostenuta dagli americani, e rivelerà i metodi con cui «addestravamo [i membri di Fatah] a spiare Hamas».
Ha aggiunto Baer: «Certo, lo slogan 'Fatah eguale CIA' non migliora l'immagine di Abbas».
Ma ormai Fatah non conta più sull'appoggio del suo popolo.
La sua forza è nel sostegno della soi-disant «comunità internazionale», ossia USA ed EU, spinte dalle lobby khazara.
Ne è indizio la nomina da parte di Abbas del suo primo ministro dipinto dai media come indipendente, Salam Fayyad: è un alto funzionario della Banca Mondiale, buon amico di Wolfowitz.
Ma non è tutto.
C'è il rischio per Washington di gravi complicazioni internazionali.
Fra il materiale caduto in mano ad Hamas ci sarebbero, sostiene Klein, anche informazioni sulle «reti della CIA in Medio Oriente», che i responsabili di Hamas vorrebbero rendere pubblici per «dimostrare la collaborazione tra gli americani e Paesi arabi traditori».
I regimi di questi Paesi possono crollare sotto la rabbia popolare.
Ecco perché Olmert, che ad Abbas non ha mai concesso nulla contribuendo fortemente alla sua impopolarità, ora giura e spergiura di aiutarlo in ogni modo; facendo spendere a Washington (che paga gli aiuti khazari) 86 milioni di dollari per pagare gli stipendi dei collaborazionisti.
Ecco perché Bush ha dato «il suo pieno appoggio» ad Abbas e al suo cosiddetto primo ministro della Banca Mondiale.
E Condi Rice ha gridato: «Hamas ha fatto la sua scelta. Ha voluto soffocare il dibattito democratico…ora è dovere della comunità internazionale sostenere quei palestinesi che vogliono costruire una vita migliore e un futuro di pace».
Il Ministero della Verità immaginato da Orwell non avrebbe potuto coniare una frase più truffaldina.
La verità è che il governo di Hamas è stato democraticamente eletto; che gli usraeliani hanno tentato in tutti i modi illegali e criminali di farlo cadere, non escluso un colpo di Stato di Fatah, e che non essendoci riusciti, ora ordinano di strangolare i palestinesi di Gaza, metterli alla fame e batterli coi cannoni khazari («una vita migliore e un futuro di pace»).
Ma, come tutte le direttive emanate dal regno di Khazaria, la menzogna spudorata diventa un ordine per i media europoidi.
Per i quali Hamas è «terrorista» (anche se non hanno più compiuto alcun attentato kamikaze da quando sono al governo), e i suoi «terroristi» - come se non avessero nulla di più urgente - hanno devastato il complesso cattolico di Al-Wardiya a Gaza.
Anche se il solo sacerdote lì presente, padre Musallam, si spolmona a ripetere: «Le persone che hanno compiuto questa barbarie stanno cercando di trascinarci nella lotta tra Hamas e Fatah», insomma è stata Khazaria.
In questo coro di servi, va notata la voce solitaria di Jimmy Carter: «Il rifiuto di Bush di accettare la vittoria elettorale di Hamas nel 2006 - una vittoria leale e democratica - è stato criminale. E condanna il popolo palestinese a conflitti sempre più gravi».
Un solo giornale ha riportato le parole di Carter: il Jerusalem Post.
Naturalmente, per additarlo come un bersaglio delle ritorsioni della nota lobby.
Purtroppo, Bush e Olmert hanno il tempo dalla loro, mentre la popolazione di Gaza ha i giorni contati.
Il nuovo ministro della guerra israeliano, Barak, sta pianificando una nuova invasione della Striscia, con 20 mila uomini, carri armati ed appoggio aereo, «nel giro di settimane».
«Il più grande campo di concentramento del mondo» (come l'ha definito Haniye, il primo ministro di Hamas) sta per subire un trattamento che non ha subìto alcun lager o gulag: il bombardamento degli internati.
E poi gli aguzzini dicono che terroristi sono gli altri.
Ma non va dimenticata la diplomazia, nel senso orwelliano fatto proprio da Bush.
George Bush ha una gran fretta di trovare un nuovo lavoro all'amico Tony Blair.
Prima, l'ha proposto per la Banca Mondiale.
Poi, come presidente a tempo pieno dell'Unione Europea (è lui che comanda in casa nostra).
Ora lo vuole fare plenipotenziario viaggiante per «la pace in Palestina», per «intensificare gli sforzi di pace fra Israele e l'Autorità Palestinese».
Anzi, tutto è già deciso: Blair sarà praticamente il capo del Quartetto, ossia dell'organo che ha tentato invano, ed è stato sempre più marginalizzato e disprezzato da Khazaria, di «fare la pace fra Israele e la Palestina».
Questo quartetto è composto da: ONU, Unione Europea, Stati Uniti e Russia.
Accetteranno i tre sui quattro di farsi comandare da Blair?
L'alleato più sicuro di Bush nelle sue disastrose guerre asiatiche, che ha perso per questo ogni credibilità persino in patria?
E' possibile che ad un simile individuo, bruciato presso le opinioni pubbliche non solo arabe, venga attribuita una qualche capacità di ottenere un qualche risultato «di pace»?
In un mondo non orwelliano, la sola proposizione di Blair sarebbe giudicato da tutte le diplomazie un atto di tracotanza intollerabile, e persino poco realistico.
Ma che importa?
Olmert ha fatto sapere di essere «molto favorevole al primo ministro Blair, dato il suo continuo impegno in Medio Oriente e nel processo di pace».
Frase che di per sé pare uscita da «1984»: dove, si sa, lo slogan più ripetuto è «La pace è guerra», insieme agli altri noti detti del Grande Fratello: «La libertà è schiavitù», e «L'ignoranza è forza».
Blair andrà a fare un'altra volta ciò che Israele vuole ed ordina.
E i Magdi Allam ci ripeteranno che la libertà dei palestinesi è in realtà schiavitù, e dunque bisogna rendere loro la schiavitù sotto Fatah, che è libertà.
E noi tutti applaudiremo perché, si sa, l'Ignoranza è Forza, e noi pratichiamo con fervore l'ignoranza.
Benvenuti sotto la dittatura di Khazaria, di cui siete volontari servi.
Che vergogna.
Maurizio Blondet
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