1.7.09
Giornali e giornalisti di guerra
Embedded è l’appellativo con cui vengono definiti i giornalisti di guerra al seguito delle truppe d’aggressione americane, e quindi posti sotto la loto tutela. Giornalisti simili, com’è ovvio, possono raccontare solo ciò che i comandi militari fanno vedere loro, forniscono quindi un’informazione a senso unico, quella desiderata dall’esercito che accompagnano. Non sapevamo che il termine venisse dal mondo informatico e che sta per “sistema incapsulato o specificamente dedicato”. Un sistema embedded, diversamente da un normale calcolatore che può svolgere mansioni differenti, è concepito per assolvere compiti predeterminati e solo quelli. Mai analogia fu più azzeccata. Quello di come si stia comportando la stampa occidentale davanti all’attuale crisi iraniana è un caso di embeddeddismo raddoppiato, ovvero oltre il confine dell’indecenza.
Non c’è infatti un’aggressione, una guerra in atto, delle truppe d’invasione a cui fare da amplificatori. Eppure gli organi di stampa occidentali, come se fossero membra di un unico corpo, come se ubbidissero ad un unico grande e diabolico cervello, come innumerevoli diffusori allacciati al medesimo amplificatore, suonano la stessa musica, un uguale spartito. Non c’è affatto bisogno di essere complottisti per ritenere che questa centrale unica di disinformazione strategica esista. La musica, o meglio il rumore, è composto dagli stessi ritornelli: Ahmadinejad è un dittatore, ha vinto le elezioni coi brogli; a conferma del primo assunto e del secondo sta soffocando nel sangue la legittima rivolta popolare. Se è falso liquidare Ahmadinejad come un dittatore, questa assordante campagna non è riuscita a dimostrare né che i brogli avrebbero pregiudicato la vittoria di Mousavi, né che per le strade di Tehran ci sarebbero stati “decine di morti ammazzati”.
Il meccanismo non è nuovo. Esso fu ben collaudato in almeno altri tre casi clamorosi. Nella primavera del 1999, poco prima dell’attacco NATO-USA alla Jugoslavia. Tutti ricorderanno le accuse al governo di Belgrado, accusato di applicare un piano sanguinoso e premeditato di pulizia etnica in Kosovo. Il secondo, dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, quando i Talibani vennero accusati senza alcuna prova di essere corresponsabili della strage di New York. Il terzo infine, non meno sfrontato, che l’Iraq di Saddam Hussein avrebbe posseduto armi di distruzione di massa. In tutti e due questi casi i media occidentali scatenarono campagne formidabili d’intossicazione. Lo scopo fu subito evidente: si dovevano satanizzare gli avversari allo scopo di abbindolare l’opinione pubblica occidentale affinché accettasse come “atti dovuti”, come azioni “umanitarie e/o democratiche”, le devastanti aggressioni imperialistiche. Tre gigantesche campagne mediatiche, tre guerre. In tutti e tre i casi la spada fu preceduta dalla penna, la guerra vera e propria con le armi fu preparata da quella più insidiosa consistente nel più colossale lavaggio internazionale di cervelli. Le stesse tecniche di propaganda del nazista Gobbels, lo stesso principio del Gaulaiter per cui “una menzogna ripetuta tre volte diventa una verità”.
Saremo accusati di dietrologia dal momento che sospettiamo che siamo al quarto atto della medesima tragedia? Se anche in questo caso, come nei due precedenti, la virulenta campagna di sputtanamento del governo iraniano e di Ahmadinejad, questo pervasivo lavaggio del cervello, faccia da apripista ad una nuova aggressione (che non necessariamente seguirà le forme delle tre che l’hanno preceduta)?
Vogliamo oggi soltanto mostrare la sfacciataggine e l’insulsa disinvoltura della stampa italiana. Dalla mazzetta estraiamo La Stampa di Torino, un giornale circondato dall’aureola di “sobrietà, obbiettività e pacatezza informativa”. Titolo di scatola: “Si parla di numerosi morti e feriti. L’IRAN PRECIPTA NEL CAOS. Brutale attacco ai manifestanti”.
E’ dal dodici giugno che i media italiani ed occidentali, oltre che parlare di scontri tra “manifestazioni moltitudinarie” e forze di polizia (da tutti i video amatoriali visti sin qui di moltitudini non c’e traccia - si tenga conto che solo Tehran ha circa dieci milioni di abitanti) suonano gli stessi tasti.
Notate anzitutto il “si parla”, ossia: si dice, si mormora, si vocifera... Da giorni vengono fatti titoli sul sangue che scorrerebbe per le strade di Theran, basati dunque sui “si sentito dire”. Sentito dire da chi? Ma è ovvio! Dai sostenitori di Mousavi, oppure dagli esuli iraniani in America e in Europa che degli avvenimenti ne sanno poco più che un fico secco, e le cui denuncie vengono invece prese per oro colato. Per adesso abbiamo la prova solo di una donna uccisa (per altro in circostanze poco chiare), la famosa e sfortunata Neda. Tantè che si ha notizia di un solo funerale, visto che di quello annunciato da Mousavi in onore “dei martiri uccisi” non si è avuta più notizia. Come mai? Tutta la prima pagina de La Stampa è un affresco sul “massacro iraniano”, ma anche la seconda e pure la terza.
Ora, prendiamo pure per buona la notizia che in due settimane sarebbero stati uccisi dodici manifestanti. Dodici manifestanti uccisi in quattordici giorni fa meno di una vittima al giorno.
Ora, se avete tra le mani La Stampa, passate a pagina 16 (Estero). Accanto ad un titolo sul prossimo incontro di Obama col Papa, se vi sforzate, potete vedere, con le dimensioni di un francobollo, questa istruttiva e agghiacciante notizia: Titolo: «Drone USA in Pakistan: Missili sul funerale ottanta morti». Il testo ha questo incipit: «Nuovo tragico incidente nel nordest del Pakistan. Un missile sparato contro un covo di ribelli ha colpito in pieno un funerale di civili radunatisi per il funerale di un capo taliban ucciso poche ore prima da un altro drone».
Un caso da manuale per capire la tecnica della menzogna informativa occidentale*. Giorni e giorni di prime pagine sui presunti assassinii compiuti dalla polizia iraniana. Spazio di un francobollo all’ennesimo attacco terroristico americano, compiuto sempre da quelle parti, ma che ha fatto una strage vera. Quante migliaia di afghani e pakistani sono morti sotto le bombe americane negli ultimi anni? Non è dato sapere. E perché non lo è dato? perché lì “c’è la guerra contro il terrorismo”, nel cui nome tutto si giustifica, tutto si comprende, anche lo scempio contro un mesto funerale. E come si giustifica questo crimine, questo massacro di civili inermi? Affermando che è stato un incidente, e insinuando pelosamente (poiché prove se ne fregano di portarle come sempre) che i partecipanti al funerale forse erano inermi, ma non propriamente innocenti, dato che, se non amici di un talibano, si erano permessi di onorare e accompagnare le sue esequie.
In quell’inferno se solo sfiori o sei solidale con un “terrorista” ti becchi come minimo un missile lanciato da un drone. Nel paradiso occidentale aspettati un fragoroso arresto e una bella richiesta di condanna a quindici anni come “fiancheggiatore”, per 270 bis, ter, quarter, quinquies sexies ecc., lanciata non da un drone a stelle e strisce, ma da uno zelante e tricolorato pubblico ministero.
Cè forse qualche Tribunale penale internazionale che si occupi dei reiterati atti terroristici americani o NATO? Certo che no! Certi Tribunali si occupano dei “crimini contro l’umanità”, non della bassa macelleria contro iracheni, palestinesi, afghani o pakistani. Quelli non fanno parte dell’umanità, sono bestie da macello, belve che meritano di finire a Guantanamo, di essere torturati e umiliati ad Abu Ghraib o Baghram.
Non troverete nella stampa occidentale queste nostre accuse. Essa è infatti una stampa libera, democratica, obbiettiva, mentre quelle nostre sono solo malignità prevenute, elucubrazioni, accuse per partito preso. Gi embedded invece non agiscono per partito preso, non ubbidiscono ad un padrone. Il giornalista in Occidente è libero. E’ vero infatti che non deve più attendere la velina del politico per scrivere il suo pezzo. Siamo ormai giunti allo stadio per cui la simbiosi e l’empatia tra servo e padrone è giunta a tal punto che è il primo che detta la velina al secondo. La gerarchia è mutata, il quarto potere è salito di rango, e se non è diventato il primo della scala, certamente è montato sulle spalle dei replicanti politici.
*PS - Va detto che quel che vale per La Stampa e per i principali quotidiani del paese, vale anche per i giornali di sinistra.
Il Manifesto del 25 giugno titola "Dalla parte dell'Iran" sotto un'enorme foto centrale di Obama, mentre a pagina 2 il titolo di testa è "Colpo di Stato in una notte".
Fin qui l'Iran, e la strage americana in Pakistan?
Per trovarla ci vuole pazienza e lente d'ingrandimento. La notizia è finita nelle "brevi" scritte in piccolo a pagina 9. Titolo: "Waziristan, drone Usa uccide 45 persone" (in realtà più di 80, ndr). Viene riportata in poche righe la notizia così come fornita dai servizi pachistani. Il Manifesto non ha da fare commenti...
Ed in questo caso anche noi possiamo astenerci dal commentare il comportamento del Manifesto, dato che si commenta abbondantemente da solo.
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