Alle prime proiezioni "spaventose, incredibili", il bolognese Giovanni Favia, il grillino più votato d'Italia, è corso a comprarsi una cravatta nera: "ora devo essere elegante". Il grande momento è giunto. Il partito cinque-stelle passa dal folclore alla storia, dove c'erano sfottò ora c'è timoroso rispetto, anche paura. Sette per cento in Emilia Romagna, 4 in Piemonte, 400 mila voti in cinque regioni, quattro consiglieri eletti. Increduli loro per primi. "Per non montarci la testa andremo avanti a testa bassa". Dal V-day agli emicicli in soli tre anni: l'incubo dell'"antipolitica" si materializza, i ruba-consensi terrorizzano la sinistra. La Bresso recrimina: "erano voti nostri", Bersani apocalittico: "sono la cupio dissolvi della sinistra". E Beppe Grillo se li mangia con un marameo: "Bersani delira, rimuovetelo da segretario" commenta al telefono, tono più trionfale che aggressivo, "questi partiti sono anime morte, vagano in attesa di scomparire. I danni se li fanno da soli, e non hanno capito ancora niente di noi. "Grillo chi è?" diceva Veltroni, che per il Pd è stato come il meteorite per i dinosauri. Ora loro sono in estinzione e noi siamo il futuro".
Alt, fermi, non facciamo l'errore. Il profilo del comico genovese è potente, ma il nuovo sta nascosto nella sua ombra. Il "MoVimento 5 stelle" (la V maiuscola e rossa è quella del vaffa) non vuole essere il partito di un solo uomo: "Grillo è solo il detonatore, la dinamite siamo noi", rivendica Favia. E neppure il megafono dell'esasperazione, "se c'è qualcuno che fa marketing dell'urlo non siamo noi" (questa è per Di Pietro); e se gli parli di "voto di protesta" Favia si spazientisce, "protesta è il 10% di astensionismo, noi abbiamo portato voti alla democrazia". No, dal cappello delle urne è uscito un coniglio più carnoso del previsto. Una novità antropologica nella politica italiana che può travolgere chi la sottovaluta. I "grillini" esistono, guardate le loro foto sui loro siti Internet, leggete le loro date di nascita, tante post-1970, sbirciate le loro biografie, i loro mestieri urbani e terziario-avanzati, con un'eccedenza di quelli tecno-informatici. Da dove vengono? Chi va sui cinquant'anni esibisce qualche medagliere militante (radicali, noglobal, post-comunisti), ma quelli sotto i trenta sono una strabiliante antologia di micro-cause: la battaglia per il latte crudo, l'associazione "Novaresi attivi", il comitato "Vittime del metrobus", gli anti-inceneritore, quelli che fanno "guerrilla gardening" o la dieta a km zero... Sono, forse, ciò che i Verdi italiani non sono mai riusciti ad essere: pensatori globali e agitatori locali.
Sono, certo, un ceto politico, siedono già in decine di consigli comunali, spesso piccoli centri. Ma sfuggono ai profili tradizionali, sono corpi bionici della politica, ibridi di vecchio e nuovo. Non si incontrano in sezione ma in un blog, però non vedono l'ora di scendere in piazza; si contano orgogliosi come nei vecchi partiti (Grillo: "sessantamila ora, duecentomila fra due anni"), ma iscriversi è facile come fare un log-in al sito, la tessera è una password e non costa nulla perché "la gratuità rende bella la politica". Credono nella Rete come mito catartico: lo scrigno della verità che smaschera ogni complotto. Sono un incrocio di boy-scout e cyber-secchioni, volontari e computer-dipendenti. Grillo si fa semiologo: "È un movimento wiki". Come Wikipedia, l'enciclopedia online che chiunque può scrivere e modificare. L''assemblearismo ora è "contenuto generato dall'utente". La delega elettorale, "mandato partecipativo", l'eletto promette di essere solo il "terminale istituzionale" che inietta in consiglio le opinioni del movimento. "Abbiamo eletto ben due virus!", esulta il piemontese Vittorio Bertola, ed è ovvio che non pensa al bacillo influenzale ma ai virus informatici, che mandano in tilt un intero sistema operativo. "È qui che siamo avanti", Grillo si anima, "con noi non governa un consigliere, governa un network; con tutto il rispetto per la serata bolognese di Santoro non siamo un anchorman in tivù, siamo una rete di persone".
Le stelle grilline, però, sono spesso stelle comete, il loro impegno brucia intensamente e per poco, il ricambio è altissimo, ma se qualcuno ci dà dentro si vede: dietro il record del 28% di Bussoleno, ad esempio, c'è la lotta anti-Tav. Ma il vero salto di qualità che fa paura a Bersani è avvenuto proprio là dove i grillini non ci sono. Nell'hinterland bolognese, a Granarolo o Castenaso dove strappano il 10%, nessuno li ha mai incontrati di persona, neanche chi li ha votati. Chiedi perché l'hanno fatto, rispondono "Perché il Pd...". Rifugio dei delusi, ultima risorsa prima dell'astensione, messaggio di protesta senza rischio: "votare Lega non ci riesco, loro invece...". La loro presenza ha bucato i media. Gli elettori li conoscono. Leggete le interminabili liste di commenti dei loro blog, ce n'è una quantità che cominciano come Paolo: "Da anni non votavo...". E anche tanti che vibrano di un'eccitazione dimenticata, come Alessio: "Per la prima volta ho votato con gioia". Ho visto anche degli elettori felici: di questi tempi, da non crederci.
Alt, fermi, non facciamo l'errore. Il profilo del comico genovese è potente, ma il nuovo sta nascosto nella sua ombra. Il "MoVimento 5 stelle" (la V maiuscola e rossa è quella del vaffa) non vuole essere il partito di un solo uomo: "Grillo è solo il detonatore, la dinamite siamo noi", rivendica Favia. E neppure il megafono dell'esasperazione, "se c'è qualcuno che fa marketing dell'urlo non siamo noi" (questa è per Di Pietro); e se gli parli di "voto di protesta" Favia si spazientisce, "protesta è il 10% di astensionismo, noi abbiamo portato voti alla democrazia". No, dal cappello delle urne è uscito un coniglio più carnoso del previsto. Una novità antropologica nella politica italiana che può travolgere chi la sottovaluta. I "grillini" esistono, guardate le loro foto sui loro siti Internet, leggete le loro date di nascita, tante post-1970, sbirciate le loro biografie, i loro mestieri urbani e terziario-avanzati, con un'eccedenza di quelli tecno-informatici. Da dove vengono? Chi va sui cinquant'anni esibisce qualche medagliere militante (radicali, noglobal, post-comunisti), ma quelli sotto i trenta sono una strabiliante antologia di micro-cause: la battaglia per il latte crudo, l'associazione "Novaresi attivi", il comitato "Vittime del metrobus", gli anti-inceneritore, quelli che fanno "guerrilla gardening" o la dieta a km zero... Sono, forse, ciò che i Verdi italiani non sono mai riusciti ad essere: pensatori globali e agitatori locali.
Sono, certo, un ceto politico, siedono già in decine di consigli comunali, spesso piccoli centri. Ma sfuggono ai profili tradizionali, sono corpi bionici della politica, ibridi di vecchio e nuovo. Non si incontrano in sezione ma in un blog, però non vedono l'ora di scendere in piazza; si contano orgogliosi come nei vecchi partiti (Grillo: "sessantamila ora, duecentomila fra due anni"), ma iscriversi è facile come fare un log-in al sito, la tessera è una password e non costa nulla perché "la gratuità rende bella la politica". Credono nella Rete come mito catartico: lo scrigno della verità che smaschera ogni complotto. Sono un incrocio di boy-scout e cyber-secchioni, volontari e computer-dipendenti. Grillo si fa semiologo: "È un movimento wiki". Come Wikipedia, l'enciclopedia online che chiunque può scrivere e modificare. L''assemblearismo ora è "contenuto generato dall'utente". La delega elettorale, "mandato partecipativo", l'eletto promette di essere solo il "terminale istituzionale" che inietta in consiglio le opinioni del movimento. "Abbiamo eletto ben due virus!", esulta il piemontese Vittorio Bertola, ed è ovvio che non pensa al bacillo influenzale ma ai virus informatici, che mandano in tilt un intero sistema operativo. "È qui che siamo avanti", Grillo si anima, "con noi non governa un consigliere, governa un network; con tutto il rispetto per la serata bolognese di Santoro non siamo un anchorman in tivù, siamo una rete di persone".
Le stelle grilline, però, sono spesso stelle comete, il loro impegno brucia intensamente e per poco, il ricambio è altissimo, ma se qualcuno ci dà dentro si vede: dietro il record del 28% di Bussoleno, ad esempio, c'è la lotta anti-Tav. Ma il vero salto di qualità che fa paura a Bersani è avvenuto proprio là dove i grillini non ci sono. Nell'hinterland bolognese, a Granarolo o Castenaso dove strappano il 10%, nessuno li ha mai incontrati di persona, neanche chi li ha votati. Chiedi perché l'hanno fatto, rispondono "Perché il Pd...". Rifugio dei delusi, ultima risorsa prima dell'astensione, messaggio di protesta senza rischio: "votare Lega non ci riesco, loro invece...". La loro presenza ha bucato i media. Gli elettori li conoscono. Leggete le interminabili liste di commenti dei loro blog, ce n'è una quantità che cominciano come Paolo: "Da anni non votavo...". E anche tanti che vibrano di un'eccitazione dimenticata, come Alessio: "Per la prima volta ho votato con gioia". Ho visto anche degli elettori felici: di questi tempi, da non crederci.
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