NIZZA — A vederlo da vicino, camicina a righe, jeans e l’accento alla ispettore Clouseau, non diresti proprio che è lui Hervé Falciani: l’uomo che ha messo sotto scacco un colosso mondiale della finanza come la banca britannica Hsbc. Invece è proprio quel trentottenne lo stratega informatico che un giorno ha levato il velo sui segreti inconfessabili del principale istituto bancario privato al mondo. Hervé Falciani
Mentre lo racconta lo sguardo si accende, come quello del cane Toto mentre tira via la tenda e scopre il Mago di Oz. Ma su ciò che c’è dietro il velo Hervé Falciani mette in guardia: «I nomi degli evasori sono un piccolo problema. Ce n'è uno enorme. Le banche sono senza controlli reali. Non esistono più le valigie di soldi portate oltre frontiera. Ora basta un clic di computer e la somma viene trasferita. Il denaro è diventato una scrittura informatica. Ma l’informatica non ha controlli. Questo significa che la finanza, che senza l'informatica non esiste, non ha regole. Tutti lo sanno. Io l'ho provato. Non c'era protezione nemmeno per quei nomi ».
Ecco, appunto, chi c’è nella lista italiana? Lui alza le mani da pianista: «Ho il dovere di non dirlo. C’è il segreto bancario e le indagini». Ma non era indagato perché offriva i dati sottratti alla banca? «Falso. Mai venduto nulla. Mai stato in carcere. Io ho denunciato i meccanismi oscuri con cui le banche violano gli accordi internazionali. La mia banca non mi ha ascoltato. La polizia svizzera non ha fatto nulla. Allora l'ho denunciato alla brigade anticorruption francese e 10 mesi dopo la polizia svizzera mi ha arrestato per poche ore». E i politici di cui ha parlato? «Mai detto. Tutti si fermano ai nomi. Ma è stupido. Lì ci sono pesci piccoli. Non è questo. Se io premo un tasto il denaro va in Cina o in Malesia. Quando la polizia lo cerca è già altrove. Così può esserci il riciclaggio e la speculazione che ha portato alla crisi. Gli Stati non riescono a controllare. La finanza è internazionale anche le regole devono esserlo. Si può fare. È semplicissimo». C’è chi sospetta che sia una spia. «Andato via dalla banca ho aiutato molte indagini sul denaro sporco e anche i servizi. Poi si saprà. Ma sono nato in un paradiso fiscale: a Montecarlo. Lavoro da dieci anni in una banca svizzera, come mio padre e come tantimiei amici. Come si fa a nascondere il denaro, lo impariamo da piccoli come voi il football ». Resta l’enigma del perché lo ha fatto. «Ho visto che dati molto sensibili non erano protetti. Ho visto decine di migliaia di strutture off shore. Quelle utilizzate dalla criminalità. Davanti a quei numeri si poteva capire che l’opacità era voluta. Non era più artigianale come quella che avevo visto a Monaco, ma era diventata industria. La banca privata rappresenta la cassaforte della finanza e con i sistemi di garanzie bancarie si può speculare con più soldi di quanti ne hai. Il denaro dei clienti permette di emettere garanzie bancarie a chi partecipa alle speculazioni come gli Hedge Fund. Chi ha un milione di dollari può arrivare a spenderne fino a due miliardi. È qui che servono i controlli. E la tracciabilità totale del denaro. Basta vedere cosa è stato fatto con il fondo europeo. Sono 750 miliardi di euro, ma in garanzie bancarie. Serve a pagare i debiti dei Paesi, come la Grecia. Ma i debiti dove sono? Nelle banche. È come prendere da una tasca per metterla nell’altra. La differenza c’è. Sono gli interessi. Chi li paga? Noi cittadini. E a chi? Alla banca. Questo è la base del sistema finanziario che mette in pericolo l’economia. Questo ho visto. Non potevo chiudere un occhio. E chiunque io sia, vale la pena che il mondo li apra».
Virginia Piccolill
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