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Da quando hanno fatto la loro comparsa nella storia d’Europa (la prima traduzione italiana apparve nel
Il libro, apparso nella Russia di Nicola II all’interno di un’opera più vasta del mistico russo Sergej Nilus, è scritto in prima persona da un “grande vecchio” che rivolge le sue parole a un’assemblea di anziani ebrei, esponendo le linee guida di un piano strategico dalla straordinaria vastità di concezione e mirante, addirittura, alla conquista e alla sottomissione del mondo da parte degli Ebrei, il “popolo eletto”.
Infiltrandosi come una prodigiosa, efficientissima e segretissima quinta colonna nelle società cristiane, e segnatamente nei centri del potere economico, finanziario, culturale e dell’informazione, gli Ebrei - stando a questo testo - si porrebbero l’obiettivo dichiarato di indebolire la fibra morale di tutte le società non ebree, sovvertendo gradualmente, ma inesorabilmente, tutti i valori, tutte le certezze, tutte le tradizioni, fino a creare le condizioni adatte perché il mondo intero cada, come un frutto maturo, in potere dell’ebraismo internazionale, che agisce per mezzo di banchieri, uomini politici, giornalisti ed esponenti del mondo della cultura.
Dal momento che i «Protocolli» si prestano ad una lettura in chiave antisemita e che, effettivamente, essi entrarono a far parte del bagaglio propagandistico antisemita del nazismo (e, in misura molto più blanda, del fascismo, ma solo all’epoca delle leggi razziali del 1938), con tutto quello che ne è derivato, gli storici della seconda metà del Novecento hanno liquidato l’intera questione della loro autenticità, dichiarandoli un falso confezionato dalla «Ochrana», il servizio segreto zarista, probabilmente a Parigi e con lo scopo di creare una sorta di giustificazione morale per i “pogrom” che infuriavano, di quando in quando, in Russia, in Ucraina, in Polonia.
Anche il saggista Sergio Romano, col suo libro del 1992 «I falsi protocolli», ha impostato così tutta la problematica ad essi relativa, come già il titolo suggerisce chiaramente: come se, una volta assodata la loro non autenticità, venisse a cadere interamente l’altra questione, ad essa collegata, ma che nessuno osa anche soltanto accennare, tanto forte è il timore di essere accusati di antisemitismo o addirittura di simpatie per il nazismo: se, cioè, le cose espresse in quel documento possano corrispondere a dei fatti reali e se, inoltre, siano o meno in linea con
Ma torniamo al legame fra l’«Ochrana» e i «Protocolli».
Ora, a parte il fatto che si potrebbe discutere se tutti i “pogrom” fossero voluti e organizzati dagli ambienti antisemiti della Russia e dai servizi segreti zaristi, o se non possano ricondursi anche, almeno in parte, ad una manovra delle potenti lobbies ebraiche dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, proprio allo scopo di screditare il governo zarista (ne abbiamo già parlato nell’articolo «Possono darsi delle verità così tremende che nessuna voce umana riuscirebbe a pronunziarle», inserito sul sito di Arianna Editrice in data 28/02/10), forse sarebbe il caso di domandarsi se la questione della autenticità, affermata o negata che sia, costituisca davvero la questione centrale che ci si dovrebbe porre davanti a questo impressionante documento.
Infatti, posto e stabilito che nessuna seria società segreta lascia documenti scritti relativi ai suoi complotti (e, in questo senso, i «Protocolli», nella versione in cui li conosciamo, sono quasi certamente un falso), il punto è che non si dovrebbe guardare il dito che indica
A proposito dell’intera questione, Julius Evola, autore della «Introduzione» all’edizione italiana del 1938 dei «Protocolli», curata dalla rivista di Giovanni Preziosi «La vita italiana», così si esprimeva (pp. 9-10):
«Due punti vengono particolarmente in risalto nei “Protocolli”. Il primo si riferisce direttamente alla questione ebraica. Il secondo ha una portata più generale e conduce ad affrontare il problema delle forze vere in atto nella storia. Perché il lettore si renda pienamente conto dell’uno e dell’altro punto, crediamo opportuno svolgere alcune considerazioni, indispensabili per un giusto orientamento.
Per un tale orientamento, occorre anzitutto affrontare il famoso problema della “autenticità” del documento, problema sul quale si è voluto tendenziosamente concentrare tutta l’attenzione e misurare la portata e la validità dello scritto. Cosa invero puerile. Si può infatti negare senz’altro l’esistenza di una qualunque direzione segreta degli avvenimenti storici. Ma ammettere, sia pure come semplice ipotesi, che qualcosa di simile possa darsi, non si può, senza dover riconoscere che, allora, s’impone un genere di ricerca ben diverso da quello basato sul “documento” nel senso più grossolano del termine. Qui sta precisamente – secondo la giusta osservazione del Guénon – il punto decisivo, che limita la portata della questione dell’”autenticità”: nel fatto, che NESSUNA ORGANIZZAZIONE VERAMENTE E SERIAMENTE SEGRETA, QUALE SI SIA
1) Perché i fatti ne dimostrano la verità;
2) Perché la loro corrispondenza con le idee-madre dell’Ebraismo tradizionale we moderno è incontestabile.»
Che l’antisemitismo di Evola non fosse di tipo biologico - e quindi razzista - è attestato, peraltro, dal seguente passaggio (che, ove ipotizza una strumentalizzazione degli stessi Ebrei da parte di poteri occulti corrispondenti ad un livello più alto, che potrebbe far capo a forze non interamente umane, ricorda, sia detto fra parentesi, la posizione sostenuta al presente da David Icke; op. cit., p. 21-22):
«Diciamo subito che noi personalmente non possiamo seguire, qui, un certo antisemitismo fanatico che, nel suo voler vedere dappertutto l’Ebreo come “deus ex machina”, finisce col cader esso stesso vittima di una specie di tranello. Infatti dal Guénon è stato rilevato che uno dei mezzi usati dalle forze mascherate per la loro difesa consiste spesso nel condurre tendenziosamente tutta l’attenzione dei loro avversari verso chi solo in parte è la causa reale di certi rivolgimenti: fattone così una specie di capro espiatorio, su cui si scarica ogni reazione, esse restano libere di continuare il loro giuoco. Ciò vale, in una certa misura, anche per la questione ebraica. La constatazione della parte deleteria che l’Ebreo ha avuto nella storia della civiltà non deve pregiudicare una indagine più profonda, atta a farci presentire forze di cui lo stesso Ebraismo potrebbe esser stato, in parte, solo lo strumento. Nei “Protocolli”, del resto, spesso si parla promiscuamente di Ebraismo e di Massoneria, si legge” cospirazione massonico-ebraica”, “la nostra divisa massonica, ecc., e in calce della loro prima edizione si legge: “firmato dai rappresentanti di Sion del 33 grado”. Poiché la tesi, secondo la quale
Per Evola, la questione dell’autenticità o meno è una falsa questione, perché quello che conta è la piena concordanza fra lo spirito della Legge ebraica e lo spirito che emerge dalle pagine dei «Protocolli; e, in particolare, l’idea della rivincita mondiale dell’ebraismo su tutto il resto dell’umanità, sui Gentili, considerati alla stregua di bestiame, se non di autentica spazzatura destinata, comunque, ad un ruolo totalmente subalterno nel “nuovo ordine mondiale” che verrà instaurato nel gran giorno (idem, pp. 24-26):
«Per ben inquadrare il problema ebraico e comprendere il vero pericolo dell’Ebraismo bisogna partire dalla premessa che alla base dell’Ebraismo non sta tabto la razza (in senso strettamente biologico), ma
È qui che interviene un’altra prova della veridicità dei “Protocolli” quale documento ebraico, inquantoché trarre da questa Legge tutte le sue logiche conseguenze nei termini di un piano d’azione significa – esattamente – venire più o meno a quanto di essenziale si trova nei “Protocolli”. Ed è essenziale questo punto, CHE MENTRE L’EBRAISMO INTERNAZIONALE HA IMPEGNATO TUTTE LE SUE FORZE PER DIMOSTRARE CHE I “PROTOCOLLI” SONO FALSI, ESSO HA SEMPRE E CON
Le considerazioni di Evola ci sembrano non prive di un certo spessore concettuale e meritevoli, comunque, di essere prese seriamente in esame, piaccia o non piaccia la figura di colui che le ha formulate ed il ruolo da lui rivestito nella cultura antisemita dell’epoca.
La prima domanda che ci dovremmo porre è se una cospirazione globale sia possibile e verosimile e se sia dato di scorgerne non già le prove - abbiamo visto che nessuna società segreta ne lascerebbe alle proprie spalle -, ma almeno degli indizi abbastanza riconoscibili.
La seconda domanda è se sia possibile che non già gli Ebrei indiscriminatamente, ma alcuni gruppi ebraici potenti e sperimentati, facendo leva su una Legge che è stata loro inculcata per innumerevoli generazioni, non possano essersi prestati ad un disegno del genere, magari in collaborazione con altri centri di potere occulto.
Alla prima domanda ci sembra sia difficile rispondere in maniera assolutamente negativa.
Che i membri del “villaggio globale” si trovino in una condizione di vera e propria schiavitù psicologica e culturale, instupiditi da demenziali programmi radiofonici e televisivi, disinformati da una stampa asservita e fuorviati da sedicenti intellettuali che fanno a gara, ormai da lungo tempo, nel fare a pezzi ogni parvenza di valore tradizionale e nel descrivere la vita come decadenza, dolore, noia e disperazione: tutto questo è sotto gli occhi di tutti, se si possiedono ancora - beninteso - occhi per vedere e una mente per riflettere.
Ora, è difficile pensare che tutto questo sia frutto del caso o di una spontanea convergenza di circostanze; senza contare che l’esperienza ci insegna che i grandi gruppi finanziari e industriali non tralascerebbero alcuna strategia, alcuna manovra, alcuna bassezza, per quanto criminosa, nel perseguire i loro fini inconfessabili: che non consistono solamente nel vendere una quantità sempre crescente di prodotti inutili o addirittura nocivi, ma anche nel distruggere ogni residuo di spirito critico nel suddito-consumatore, in modo da renderlo il più simile possibile ad uno “zombie”: perché solo così si può essere certi che egli non prenderà consapevolezza della sua reale condizione e non tenterà di sottrarvisi.
Scatenare guerre e rivoluzioni, finanziare gruppi terroristici magari di opposta matrice ideologica, istigare colpi di stato, provocare crisi finanziarie, promuovere filosofie e movimenti artistici che inneggiano al nichilismo e alla distruzione della società: sono tutte azioni che un tale gruppo di potere occulto, attraverso le sue innumerevoli ramificazioni, non esiterebbe a mettere in atto e che non presentano, sotto il profilo tecnico, ostacoli insormontabili, specialmente se si dispone di possibilità finanziarie praticamente illimitate.
Alla seconda domanda ci sembra che si possa egualmente rispondere in maniera affermativa; o, quanto meno, che una risposta affermativa possa costituire una ragionevole ipotesi di lavoro sulla quale indagare.
Gruppi di potere occulto sappiamo che esistono, primo fra tutti
Che, poi, esista una sorta di federazione tra tali gruppi, ciascuno dei quali persegue, in realtà, un proprio disegno egemonico e ciascuno dei quali spera di servirsi degli altri per realizzare i propri fini particolari: anche questo rientra nell’ambito del possibile e perfino del probabile; come suggerisce, ancora una volta, l’osservazione di fatti storici ormai noti, come la collaborazione che si instaura fra organizzazioni criminali internazionali, ciascuna delle quali particolarmente interessata ad un certo ambito delle attività illecite.
Che, infine, salendo di livello in livello, si giunga al vertice della piramide che nessuno ha mai potuto conoscere di persona, anche perché i suoi membri più importanti, i burattinai supremi del grande gioco, sono - forse - creature di origine non umana: ebbene, ciò può essere solo oggetto di speculazione teorica, mancando prove o anche indizi concreti tali, da poter dirimere la questione per via documentaria.
Chi studia il fenomeno della cospirazione mondiale non può servirsi dei normali metodi di ricerca dello storico professionista, perché la materia stessa è completamente diversa da quella della storia. Lo storico procede di documento in documento; ma lo studioso della cospirazione globale sa che non troverà mai dei “documenti” paragonabili a quelli di cui si servono i suoi colleghi della storia, chiamiamola così, profana.
Possiamo da ciò trarre la conclusione che non è cosa da persone serie mettersi a studiare la cospirazione globale, dato che, a rigore, non siamo affatto certi nemmeno del fatto che esista il soggetto di una tale ricerca?
Certamente no.
Il fatto che non esistano prove assolutamente certe e incontrovertibili di una costante presenza aliena sul nostro pianeta non è un argomento per squalificare gli studi che si possono fare in proposito o per denigrare quanti decidono di dedicarvisi; e la stessa osservazione può farsi per tutti quegli ambiti di studio che abbracciano materie prive di un riscontro materiale oggettivo, a cominciare dalle religioni.
Gli studiosi “seri”, però, temono il ridicolo: sono persone che ha molto amor proprio, anche se non esitano a mangiare nella greppia di istituzioni, giornali o televisioni che si aspettano da loro appunto quel tipo di “serietà” che consiste nel non fare mai, assolutamente mai, delle domande veramente scomode, ma nel blandire, al contrario, la pigrizia mentale del pubblico.
Ora, il ridicolo (o peggio) è quasi inevitabile per chiunque si addentri nel labirinto della cospirazione globale; e i più petulanti nel ridere alle spalle di un tale ricercatore sono, senza dubbio, proprio coloro i quali - ne siano consapevoli o no - hanno subito in dosi più massicce l’opera di omologazione e istupidimento perseguita dal Pensiero Unico dominante. Perché a quei signori pieni di sussiego e di serietà, magari baroni universitari con ampie gratificazioni professionali, non va molto a genio l’idea di prendere in esame la possibilità, anche solo teorica, di essere, né più né meno di chiunque altro, soltanto dei poveri burattini eterodiretti.
Come se non bastasse, fa parte, da sempre, della tecnica di tutti i gruppi di potere occulto, quella di operare una sistematica disinformazione, lasciando trapelare brandelli di verità, mescolati però a tali e tante inverosimiglianze, da confondere completamente le carte e da screditare anche il lavoro di quanti concentrano le proprie spassionate ricerche proprio su quei brandelli.
Certo, finché il conformismo intellettuale continuerà a dominare incontrastato, i signori dei poteri occulti potranno dormire sonni tranquilli ancora a lungo.
Finché qualcuno, un poco alla volta, comincerà a scuotersi dal torpore e a farsi delle domande scomode e politicamente scorrette: a farle a se stesso in primo luogo; e poi, in un secondo tempo, a farle anche agli altri.
Allora, i signori del Pensiero Unico cominceranno a non sentirsi più tanto tranquilli.
Avranno paura che la verità cominci a venir fuori: non quella mezza verità che essi stessi lasciano fuggire, di quando in quando, aprendo e chiudendo il rubinetto della disinformazione; ma la verità vera, quella che a loro non piace affatto, perché disturba i loro progetti e i loro affari.
Quel giorno, forse, si sta avvicinando.
Un principio di consapevolezza incomincia a soffiare, qua e là, nella stagnante palude in cui siamo sprofondati.
Speriamo che quella brezza si trasformi quanto prima in un vento impetuoso e che sia abbastanza forte da disturbare i piani e gli affari di chi ci vorrebbe eternamente schiavi, e sia pure schiavi di lusso, imprigionati mani e piedi con delle catene d’oro massiccio.
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