Nel Granducato di Curlandia ai confini del mondo, della realtà, della ragione, della logica, dell’equità, della giustizia, dell’etica e della decenza, accadono cose assai curiose.
Il Granduca di Curlandia è imputato in un processo dov’è accusato di aver pagato 600mila svanziche ad un testimone, un certo Millius, abitante di un Regno viciniore, perché dichiarasse il falso in altri due processi dove pure il Granduca era imputato per corruzione, falso in bilancio e finanziamenti illeciti per 10 miliardi di svanziche, a un boiardo locale. Il processo era alle ultime battute, ma il Granduca, che gode di un vasto consenso popolare, fece approvare una legge che lo sottraeva a qualsiasi processo, finché fosse rimasto in carica. Il processo andò avanti per gli altri imputati, il Tribunale di Curlandia sentenziò, in primo grado, che il testimone era stato effettivamente corrotto condannandolo a quattro anni e mezzo di reclusione. Se il Millius è corrotto la logica vorrebbe che il Granduca sia il corruttore dato che le 600mila svanziche sono state pagate da una sua società e nel suo interesse. Ma il Granducato di Curlandia è un Regno ai confini della logica e quindi l’avvocato del Granduca ha affermato che "la sentenza non consente di dire che il Granduca è un corruttore" cosa che oltre ad esser gravissima in sé riverserebbe sugli altri due processi da cui il Granduca è uscito proprio grazie alle testimonianze false di Millius. Comunque siamo in primo grado e vale per Millius (e quindi, indirettamente, anche per il Granduca) la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva.
Ma verrà il giorno in cui il Granduca dovrà lasciare il suo scranno a un qualche erede e potrà quindi essere processato. Ma il processo dovrà ricominciare dall’inizio. Poiché in Curlandia i processi durano un’infinità di tempo ci sarebbe stato comunque il rischio della prescrizione. Per il Granduca è diventata certezza. Nel frattempo infatti il Granduca ha fatto votare una legge che dimezza i tempi della prescrizione. A suo tempo quando la legge fu varata qualcuno ne fece notare l’assurdità: poiché in Curlandia i tempi dei processi continuano ad allungarsi la logica avrebbe voluto che fossero allungati anche i tempi della prescrizione e non abbreviati. Ma il Granducato di Curlandia vive ai confini del mondo della logica. Il dimezzamento della prescrizione è uno dei motivi per cui tutta una schiera di malandrini invece che in galera è a piede libero, cosa di cui la gente di Curlandia si lamenta assai, non addebitandola però al Granduca ma ai magistrati che applicano le leggi volute dal Granduca. È uno dei prezzi che gli abitanti di Curlandia hanno dovuto pagare per assicurare al Granduca la certezza dell’impunità dato che il suo processo non arriverà mai a sentenza.
La cosa divertente è che il Granduca, il suo Gran Visir della Giustizia, i suoi Commodori sono dei severi assertori della certezza della pena. Quando riguarda gente di altri giri. Curlandia è infestata, per la verità non più che in passato, da stupri, compiuti sia da aborigeni che da individui venuti d’altrove. Lo stupro è un reato assai grave, ma non tanto più grave, poniamo, della corruzione di un testimone o di un magistrato. Per i presunti stupratori si è inventato un istituto mai esistito nell’ordinamento di Curlandia: l’anticipo della pena. Chi è accusato di stupro deve essere sbattuto in galera subito a prescindere, nonostante l’istituto della carcerazione preventiva abbia tutt’altro scopo che quello di un anticipo di pena. La presunzione di innocenza, sempre invocata a gran voce dal Granduca, dal suo Gran Visir, dai Commodori quando ci son di mezzo loro, è diventata una presunzione di colpevolezza. E se uno di questi presunti stupratori, come può accadere per ogni reato, risultasse, dopo due anni di galera, innocente? Allora si può star sicuri che nel Granducato di Curlandia, regno ai confini del mondo, della realtà, della ragione, della logica, dell’equità, della giustizia, dell’etica e della decenza, il Granduca, il Gran Visir e i Commodori sarebbero i primi a menar scandalo gettando la croce addosso al magistrato colpevole di aver applicato le leggi da loro volute.
Massimo fini
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