24.10.07
Torta a torta
A Porta a Porta, si cucinavano torte e altri dolciumi. La puntata, inaspettatamente, non riguardava Cogne, né Garlasco, né Rignano, ma il caro-vita. Insieme al fornaio e al panettiere, ne discutevano Lorena Bianchetti e altri squisiti ospiti. Ieri Bruno Vespa si è recato in Vigilanza per raccogliere gli applausi degli uomini dei partiti, che nei giorni scorsi avevano tentato di processare Michele Santoro per aver raccontato una storia vera, cioè il caso De Magistris, anzi Mastella. Solo Beppe Giulietti si é astenuto dalla simpatica cerimonia, tutta inchini e riverenze, quadriglie e minuetti tra l’insetto e i suoi “editori di riferimento”, come ebbe a definirli ai tempi d’oro della Dc di Forlani e Andreotti.
Come già Mastella collegato dal Columbus Day, anche il presidente Mario Landolfi - che passò un bigliettino a Gad Lerner per segnalare una sua protetta al neodirettore del Tg1 - si è molto complimentato per la proverbiale imparzialità e il leggendario pluralismo di cui è campione l’insetto. Da quando, nel 1969, annunciò dalla questura di Milano che Pietro Valpreda era il mostro di Piazza Fontana. “Se tutte le trasmissioni fossero come Porta a Porta - ha flautato Landolfi - la Vigilanza potrebbe abbassare la saracinesca”.
Poi è intervenuto il suo vice, il margherito Giorgio Merlo, entusiasta per la visita dell’insetto che “ha confermato come la salvaguardia del pluralismo e il rigoroso rispetto delle regole rappresentano (il congiuntivo non è il suo forte, ndr) i postulati essenziali per i conduttori del servizio pubblico... a prescindere dalle solidarietà corporative e sindacali nei confronti dei vari conduttori”. Allusione agli interventi dei sindacati della stampa a difesa di Floris e Santoro.
Poi ha parlato Vespa: “Preferisco che gli interlocutori siate voi”, ha detto ai suoi santi protettori, “tremo all’idea che il Tg1 debba essere portatore di interessi altrui” cioè, eventualmente, dei cittadini L’importante è che continuino a comandare i partiti, altrimenti 4 sere a settimana se le scorda. Poi ha confidato di scegliere “i temi sull’attualità quando sono caldi”: un po’ come le torte sfornate l’altra sera dai cuochi di redazione, che avevano rimpiazzato il plastico della villetta di Cogne e la bicicletta di Garlasco con un grande forno a microonde. Naturalmente, ha sottolineato, “non ho mai avuto condizionamenti né dall’azienda né dalla politica”: infatti obbedisce da solo, prima che arrivino gli ordini. Due le sue stelle polari: “ferreo controllo delle notizie che diamo” e “assoluto equilibrio dei servizi”.
Qualcuno minimamente informato - non è il caso della commissione di Vigilanza - avrebbe potuto domandare a chi avesse affidato il controllo ferreo della notizia (falsa) dell’assoluzione definitiva di Andreotti: a un cuoco? Qualcun altro potrebbe ricordare quando Vespa lesse una mail anonima che “testimoniava” l’innocenza degli agenti arrestati a Napoli per le violenze contro i no-global, e domandare se l’avesse fatta controllare da un pasticciere.
Quando poi ha sostenuto di aver “vinto tutte le cause in 10 anni”, qualcuno con un minimo di memoria avrebbe potuto rammentargli i 260 milioni pagati dalla Rai a Scattone e Ferraro (gli assassini di Marta Russo) per un’intervista esclusiva al Tg1 e una a Porta a Porta nel giugno ’99: la famiglia Russo fece causa, visto che i due non avevano pagato i danni a cui erano stati condannati, e scopri che il “servizio pubblico” diretto da Agostino Saccà aveva appoggiato il versamento sul conto di un prestanome per aggirare il blocco dei beni disposto dal tribunale; la Rai, per uscire dalla causa dovette sborsare altri 200 milioni.
L’anno scorso Vespa è stato condannato a pagare 82 mila euro a Roberto Zaccaria per aver inventato - in un libro Rai-Eri - un complotto dell’allora presidente Rai contro Berlusconi con Biagi, Luttazzi e Santoro. Tutte balle. Ieri l’insetto ha molto lacrimato per la serata che dovrà cedere a Benigni.
In effetti, 3 sere sono poche. Perché non dargli anche venerdì, sabato e domenica?
Marco Travaglio
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