22.5.08

Il circo dell'ipocrisia



Viviamo, anzi vivevamo, in un paese in scacco: uccisioni, stupri etnici, ombrellatrici e borseggiatori sulle metro, rapitori e stupratori di bambini. Tutto ad opera delle minoranze che occupano il suolo patrio.
Dopo aver visto Lagos e San Paolo, il sottoscritto credeva di aver tastato l’abisso della violenza urbana, ma si sbagliava.
E pensare che fino al 2006 questo era un paese dove si rispettavano le regole, dove le donne potevano girare indisturbate fino a notte fonda, dove non esisteva la piaga della droga che distruggeva la nostra gioventù. Un paese uscito da una fiaba dei fratelli Grimm. Così almeno ci dicono tutti i nostri rappresentanti parlamentari, da destra e da sinistra e, ovviamente, i media.
La puntata di giovedì 15 maggio di Anno zero è stata paradigmatica. In studio, oltre al feldmaresciallo leghista Kastelli, presenti due sceriffi dagli opposti schieramenti, Tosi di Verona e De Luca di Salerno.
In un simpatico giuoco delle parti, Tosi ha recitato la parte dello sceriffo quasi buono e il pidino De Luca quella dello sceriffo cattivo. Gli sceriffi della sinistra, per essere credibili in questa nuova veste, devono essere più truculenti degli omologhi di opposta fazione.
Da De Luca ho appreso, ad esempio, che non è affatto peregrino tracciare un triangolo di sangue e violenza tra le due città sopracitate (Lagos e San Paolo, appunto) e Salerno: il nostro coraggioso funzionario ha dipinto con enfasi una megalopoli di quasi centomila abitanti in mano a prostitute rumene spietate, ciniche, esperte di legge, ucraini e polacchi ubriachi, spacciatori e stupratori di varia etnia. Altro che le bidonvilles di africana memoria!
Un altro sceriffo, anzi caposceriffo, il radical chic Cacciari, qualche giorno fa ha aggredito Lerner che snocciolava dati reali sui reati italiani (in calo). A lui, infatti, non interessano i dati reali, interessa solo la percezione della gente.
Guarda un po’, sempre ad Anno Zero, ieri sera, è andata in scena la cosiddetta “paura percepita”. In un'altra megalopoli di quasi centomila abitanti, Reggio Emilia, si è capito che, in fondo, gli stranieri non creano tutto questo allarme sociale. Il problema è che fanno rumore, sporcano le scale, cucinano pietanze puzzolenti e deprezzano il valore immobiliare. Alla fine, dai e dai, sembrerebbe uno scontro di civiltà da ballatoio condominiale.
Difficile entrare nella schizofrenia di un sistema industriale, economico e politico in agonia che cerca sempre più carne da immettere su un mercato del lavoro che ricorda la vendita di bestiame e predica il rigetto della presenza fisica di prestatori di opera, persone che vivono, soffrono, sbagliano, commettono reati.
“Io la amavo, la odiavo, la amavo, la odiavo, ero contro di lei”, cantava Celentano. “Rappresentano il 9% del PIL”, hanno detto alcuni. “Generano conflitto e costi sociali e poi hanno i piedi puzzolenti”, hanno detto altri.
Oltre settecentomila clandestini inseriti nel mercato degli schiavi, almeno la maggior parte, c’è chi li blandisce, chi vorrebbe metterli al rogo... Sembra stia prevalendo la seconda ipotesi. E chi glielo dice agli industriali, poi? Ipocrisia congenita di un'economia anti-umana.
Intanto, finita la grande campagna mediatica degli sbarchi dei “disperati” e degli stupratori rom, è appena partita quella dei grandi arresti in pompa magna.
Con diretta televisiva sui rimpatri. E il circo ricomincia.
di Mauro Maggiora

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