29.5.08
La svolta ecologista dei Rockefeller
Neva, pronipote del mitico John D., presenta una mozione agli azionisti della Corporation
«Exxon cambi rotta sull'ambiente»
L'appuntamento è per mercoledì prossimo a Dallas, dove si terrà l'annuale assemblea degli azionisti della multinazionale petrolifera più ricca del mondo che è anche l'unica a non fingere nemmeno d'interessarsi alla crisi ecologica in corso. Anzi, com'è noto, Exxon si batte da anni con ogni mezzo, legale e illegale, per annacquare gli studi sul cambiamento climatico e tenere lontana qualunque normativa che possa imporre dei limiti alle emissioni inquinanti.
Ora però qualcosa potrebbe cambiare: con una mossa senza precedenti gli eredi del fondatore hanno organizzato una cordata per costringere l'azienda a impegnarsi contro dl'effetto serra e nelle energie rinnovabili. L'insurrezione, guidata da Neva Goodwin Rockefeller, pronipote del fondatore e stimata economista, vuole la testa dell'attuale presidente Rex Tillerton e una totale inversione di rotta: a fronte degli enormi profitti che Exxon sta intascando grazie all'aumento del prezzo del petrolio, secondo Neva la corporation deve aiutare i poveri, cercare fonti alternative di energia e tutelare l'ambiente anche - o soprattutto - per non restare tagliata fuori dal business ecologico, l'unico che sembra avere un futuro.
Quella dei Rockefeller è una saga che va avanti da un secolo e mezzo fornendo materiale per film, romanzi e perfino fumetti, come si evince dal successo di un certo John D. Rockerduck, nemico storico di Paperon De Paperoni che deve il suo nome a John D. (sta per Davison) Rockefeller mitico fondatore della Standard Oil, praticamente la madre di tutte le corporation petrolifere e non. Tanto per far capire quanto il fondatore abbia influenzato l'immaginario degli americani, basti pensare che quando Disney lanciò il nuovo personaggio la Standard Oil aveva chiuso i battenti già da cinquant'anni, e non certo perché gli affari andavano male.
Al contrario, quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ordinò ai dirigenti di smembrare la compagnia, nel 1911, Rockefeller controllava il 64% del mercato: un monopolio decisamente illegale secondo le leggi statunitensi. Dalla Standard Oil nacquero ben 34 compagnie, alcune ancora vive e vegete come Continental Oil (ribattezzata Conoco), Standard of Indiana (poi Amoco), Standard of California (poi Chevron), Standard of New York poi Mobil) e infine Standard of New Jersey, (ribattezzata Esso e poi Exxon). Quest'ultima, certamente la più potente, nel 2007 ha realizzato profitti per 40 miliardi di dollari.
Sono decenni che i discendenti del fondatore non mettono bocca nelle decisioni del management e tengono lontane dai riflettori le loro proverbiali liti.
Ora però, sull'onda dell'impegno di Neva, le nuove leve hanno deciso di farsi sentire e accusano l'attuale gestione di ignorare la volontà degli azionisti e di non pensare minimamente al futuro del pianeta. Mercoledì a Dallas i "cugini" - come sono chiamati dalla stampa - presenteranno cinque mozioni per chiedere il totale cambiamento della politica aziendale e le sosterranno anche contro il parere del patriarca David (92 anni), ex presidente della Chase Manhattan e fiero oppositore dei capitalisti «attivisti» che considera semplicemente dei pazzi. Sul fronte opposto c'è Peter M. O'Neil, uno dei cugini, che ha irritato particolarmente gli anziani rompendo l'antica vocazione familiare all'omertà e prestandosi a fare da testimonial della fronda sui media. Una battaglia campale, dunque, che tiene l'industria e la finanza statunitensi con il fiato sospeso anche perché i Rockefeller sono sempre stati notoriamente molto litigiosi ed è già una notizia il fatto che abbiano fatto fronte comune contro quelle che considerano «la cecità e l'ingordigia della Exxon».
Per quanto la battaglia sembri impari, visto che attualmente la famiglia detiene una percentuale molto piccola di quote azionarie, i Rockefeller hanno sempre avuto grandi ambizioni. Non a caso Peter Johnson, lo storico della dinastia, sospetta che il loro obiettivo sia di riformare non solo la Exxon ma l'intera industria petrolifera. «E' gente con un impegno ambientale e sociale preciso» ha spiegato al Corriere della Sera «Mirano alla riduzione delle emissioni di gas nel mondo e al sostegno delle comunità meno abbienti». Dalla loro i cugini hanno il sostegno di un'opinione pubblica sempre più preoccupata dagli effetti del riscaldamento globale e sempre più arrabbiata per gli aumenti del prezzo del greggio, che si traducono in profitti da record per le compagnie.
Naturalmente Rex Tillerton non ha nessuna intenzione di cedere: «Siamo un'azienda petrolifera e petrolchimica e tale resteremo. Il nostro bilancio dimostra che abbiamo ragione». Le trattative con i rivoltosi - in corso dal 2004 - sono arrivate a un punto morto quando il management ha rifiutato ogni proposta di compromesso. Si è arrivati così alle quattro mozioni: tre che riguardano gli investimenti nell'energia rinnovabile - che altre aziende, come Chevron o BP, fanno massicciamente - e una quarta ben più radicale per ottenere la nomina di un presidente indipendente. Secondo Tillerton la rivoluzione dei Rockefeller è destinata a fallire «perché non hanno nemmeno l'1% delle azioni». Ma Peter O' Neill ribatte che il pacchetto azionario della dinastia è «difficile a calcolarsi perché messo in vari trust» ma è certamente superiore alla quota indicata e che comunque molti azionisti si sono schierati con i cugini proprio perché infastiditi dalla totale cecità degli attuali dirigenti sulle questioni ambientali. Secondo il Wall Street Journal, la fronda ambientalista avrebbe il consenso del 40% degli azionisti. Anche perchè, se così non fosse, difficilmente i rivoltosi sarebbero usciti allo scoperto.
di Sabina Morandi
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